Un viaggio rinnovato e provvisorio
“…Ma i veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire; cuori leggeri, simili a palloncini,non si allontano mai dal proprio destino e senza sapere perché, dicono ogni volta:“Andiamo”!Sono quelli i cui desideri hanno la forma di nuvole,quelli che sognano, come fa la recluta con il cannone,piaceri immensi, mutevoli, sconosciuti,di cui l’animo umano non ha mai conosciuto il nome!”
Charles Baudelaire – le fleurs du mal
La comunità provvisoria ha intrapreso il suo viaggio due anni fa! In questo nostro rinnovato e provvisorio viaggio come Comunità , in una sorta di ritorno identitario non nell’inferno conradiano di una contemporanea “Apocalypse now” dei nostri moderni ‘demoni’ cattivi ma nel gioco “leggero e piano” della ricerca dell’ “io” della nostalgia ,della bellezza,della mitezza ,del silenzio e delle malinconia. Il viaggio come metafora generale della nostra esperienza individuale-comunitaria. Il nostro viaggio comunitario è il classico “viaggio eterno” dove convivono a loro perfetto agio i profondi e doloranti sconforti di Franco con le argomentazioni più eterogenee dei cultori del logos,della doxa, dei sogni, della fantasia, dei professionisti delle tèkne e delle arti primarie e secondarie……non dei santi,navigatori ed eroi in cerchi di isole o paradisi perduti.Scegliamo di viaggiare senza i confini e i pericoli della formalizzazione burocratica…di andare avanti in “ una cornice provvisoria che si allarga e si restringe, in cui si va e si viene liberamente”. Vogliamo inventare anche un nuovo modo di fare un viaggio. Con uno spirito multiforme e misteriosa guidato assieme da Ermes e Atena, le due divinità che lo proteggono con una natura molteplice e versatile. Può assumere tutte le forme, prendere tutte le strade, tendere verso tutte le direzioni in modo sinuoso e avvolgente. La sua natura è ricca di colori e di geroglifici, come un arazzo, un tappeto o un quadro. E’ artificioso come un’opera d’arte, intrisa di magmi notturni e di voli solari e segnata da costellazioni luminose, velato e misterioso come la rotta dei pirati dei ladri, dei trovatori , dei mercanti e degli amanti. Non abbiamo-ripeto- isole felici da raggiungere ma vogliamo vivere felici nella isola che ci è stata donata dai nostri padri con fatica e anche con gioia. Non abbiamo mondi da scoprire o da indicare ma vogliamo conoscere profondamente e far conoscere il territorio in cui siamo nati e vissuti non sempre con la comprensione e il rispetto di chi lo ha governato e sfruttato. Amiamo il viaggio per amore del viaggio come Gulliver e Robinson non con la malinconia lacerata di Amleto ma con la versatilità operosa di Ulisse. Abbiamo conoscenza delle insidie della malinconia e della nostalgia .Ma sappiamo per esperienza umana troppo umana che sono sentimenti che non si possono temere o tacere ma vivere nella loro diversità. La malinconia è insidiosa e la nostalgia è diversa, perché la nostalgia è un sentimento di assenza, cioè fondamentalmente di assenza ma che può essere recuperata con la memoria ,il ricordo e sopratutto con il ritorno a casa e al proprio passato nei limiti del tempo possibile e della terra ridotta e curata dei padri. A patto che in questo nostro viaggio sia la nostalgia che la malinconia diventino sentimenti belli e attivi che ci costringono a superare la pigrizia, la noia , i rancori e le tristezze stimolando la voglia di intraprendere sempre nuovi viaggi dentro di noi e dentro la terra che ci è toccato di vivere..Queste le motivazioni più alte che in questi anni hanno impegnati allo spasimo alcuni comunitari per ripristinare la mitica linea ferroviaria Avellino – Rocchetta sfidando sordità e incomprensioni,disattenzioni e motivazioni strettamente tecnico-economiche. Questa è la strada ferrata che porta noi ,i nostri amici,ospiti e turisti al cuore del nostro sogno attraverso il meglio autentico e naturale della nostra bella e verde Irpinia e “i piccoli paesi dalla grande vita”.La ferrovia è lo strumento,il mezzo che noi offriamo ai nostri amici “vicini e lontani” per entrare nel corpo e nell’anima della nostra terra. Noi comunitari usiamo tutti i nostri artifici e magiche rie per amore dell’Irpinia .Il vecchio e rumoroso treno per noi equivale a un libro o una poesia di Franco Arminio, un racconto intrigante di Andrea Di Consolo, una magica canzone di Vinicio Caposele, uno struggente blues di Pasquale Innarello, le sonorità arcaiche e poetiche di Gaetano Calabrese ….si può entrare nell’anima dell’Irpinia facendosi trasportare in bella e allegra compagnia tra gli stridenti rumori ferrieri di una vecchia e vitale locomotiva .Una locomotiva poco pretenziosa scrivere Storia come nella canzone di Guccini ma vecchie e “piccole storie ignobili” di contadini e pastori nei viaggi tra paesi,campagna e città. Un locomotiva che ispirava i sogni e le paure dei bambini e “…. sembrava fosse un mostro strano -che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano: ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite, -sembrava avesse dentro un potere tremendo…..” Mi piace infine ripetere la citazione di Paolo Rumiz che interpreta l’eventuale dolore e l’ulteriore crepa nella dolorante e terremotata terra d’Irpinia come scongiuro ad una eventualità della sua soppressione .Egli così ce la ricorda: “ Cactus, cicale.- scrive nel suo romanzo “Italia in seconda classe”- Il treno si ferma in stazioncine deserte senza capostazione, senza biglietteria. Alcune sono murate, altre distrutte dai vandali. Sempre i banditi? No, la globalizzazione. Sono i rami secchi, potati dai governatori dei flussi. In burocratese si chiamano stazioni “impresenziate”, astuto eufemismo per mascherare lo smantellamento. La fine dei territori comincia così, col bar e la panetteria che chiude, poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato. ”
mauro orlando
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