sabato 10 luglio 2010

Elisir d'amore per ......"un paesologo"

Faccio il paesologo perché non ho idee sul mondo buone per ogni giornata. Il mondo mi fa impressione, mi suscita talvolta meraviglia, più spesso disagio. Il mio lavoro di scrittura è una risposta alla frizione che il mondo esercita sulla cartilagine dei pensieri. La paesologia non ha l’ambizione di salvare i paesi, né di indicare strategie di alcun tipo, più volte l’ho definita una scienza arresa. Non capisco bene il senso della crescita e in un certo senso neppure quello dello sviluppo sostenibile. Mi sembra che si tratti più che altro di un mercato anche delle opinioni, di una bancarella a cui potersi approvvigionare per far finta di avere qualcosa da dire. In un certo senso abbiamo fatto e continueremo a fare Cairano 7x proprio perché le idee, i ragionamenti e le stesse parole in circolazione non ci convincevano. Prima che un nuovo modello di sviluppo io penserei a un nuovo modo di percepire le cose e soprattutto noi stessi. Per me l’idea del parco dell’Irpinia d’Oriente è innanzitutto questo: vedere un luogo con occhi più attenti, vederlo in tutte le sue pieghe, nelle brutture e nelle bellezze. La prima cosa da fare non è parlare del parco, ma viverlo. Oggi al tramonto credo che farò una lunga passeggiata sul Formicoso. Nei prossimi giorni andrò a salutare Monteverde. Per come la vedo io c’è da affermare il primato dell’esperienza sul lògos.




Quello che c’è fuori viene prima di quello che c’è dentro. L’aria mi sta più a cuore delle opinioni. Camminare più che stare seduti a parlare male della politica. Anche il discorso sulla via Appia mi sta bene non tanto nella chiave di progetto di sviluppo, ma come incentivo a mettersi in cammino, a tenere desta la voglia di girovagare nei dintorni. La gente allestisce le proprie vacanze mirando a luoghi lontani, sembra quasi che se ne ricavi più prestigio. È un’illusione. Non c’è nessuno ad aspettarli al ritorno. E allora vale di più, a mio parere, vagare nei paesi vicini, vedere a che punto è la loro salute e la loro malattia. Molti non hanno avuto tempo di venire a Cairano, ma lo troveranno per andare ai tropici. Considero questo un atteggiamento molto provinciale. Il bel ragionamento di Angelo Verderosa sulla terra rischia di essere inficiato da un diffuso provincialismo che arriva a ritenere poco prestigiosa la parola “contadino”. Difficile nei nostri paesi trovare un uovo fresco e difficile pure vedere ragazzi che vanno in cerca di more. Poi c’è pure il fatto che un quintale di grano costa quanto un chilo di baccalà. Non sono un esperto di economia agricola e neppure di turismo. Al massimo posso dirmi esperto delle mie paure. Stando qui da mezzo secolo mi pare di vedere certe mutazioni, cerco di segnarne opportunità e pericoli, tutto qui. Da un po’ di tempo il mio lavoro si è incrociato con quello di altri. La Comunità Provvisoria è nata da questo incontro. Non abbiamo soluzioni da offrire, forse possiamo svolgere qualche esercizio di perplessità. Volendo si può anche scorgere nel nostro lavoro un modo particolare di vivere la modernità, una sorta di umanesimo dei monti. Bisogna avere la buona creanza di pensare che tutto questo non ha niente di particolarmente originale. Non stiamo inventando niente e non siamo una setta in cerca di adepti. Il nostro stare in Irpinia qui ed ora ci ha portato a capire che donare se stessi forse è più utile che lamentarsi di quello che fanno gli altri. Non è detto che ci riusciamo, ma almeno ci proviamo. Cairano 7x è indubbiamente una prova di questo tipo. Una prova provvisoria. Non siamo un’istituzione, non abbiamo compiti e non siamo pagati per svolgerli. Direi che è già una buona cosa far circolare affetti, dare posto all’ammirazione più che all’accidia. Poi chi vuole può fare progetti, può delineare strategie. Questo non è il mio lavoro. A me interessa scrivere, guardare il mondo. Mi capita spesso stando qui di impegnarmi in quelle che si chiamano battaglie civili, penso alla lotta contro la discarica o sulla sanità, ma sono cose che mi sembrano quasi ovvie. Nella nostra provincia prevale un’opinione pubblica che ha scelto uno stato di quiescenza. Si preferisce una posizione parassitaria in cui il potere viene esecrato genericamente, ma poi blandito in tutte le maniere quando ci può venire comodo per gli affari di famiglia. Io non ho nulla da spartire con questo sud. Sono stato qui mezzo secolo senza chiedere nulla a nessuno. E così è accaduto anche alla mia famiglia. Pure questa cosa dovrebbe essere ovvia invece così non è in una provincia che pratica una sorta di illegalità psicologica in cui si briga per anni alla ricerca di un favore e poi non si ha energia per nient’altro. Io le energie che mi restano le voglio impiegare con chi ama la poesia, con chi dà più valore alla cultura che all’economia. Non è la base per la vita degli altri, è la base, forse l’unica possibile e seriamente percorribile, per la vita mia e per le persone che mi sono care.

franco arminio, bisaccia, luglio 2010

Nessun commento: