Nel nostro specifico anche una lettura letteraria e poetica di “un sapere arreso” ha la forza di indicarci un viaggio possibile per la “cura “ di sé e degli altri soprattutto come esperienza esistenziale che si fa pratica sociale e vita activa politica.Tutto ciò in una predilezione ad esporsi e senza nessuna pretesa pedagogica ed educativa.Per fare ciò dobbiamo recuperare in pieno il significato autentico e profondo di questa “esperienza” rovesciata al proprio esterno come impegno o al proprio interno come piacere estetico di "uno sguardo che sa ammirare". Un naturale ritorno interioriore ,(rede in te ipsum di Agostino) non esclude la scelta razionale che guarda suo “fuori …comunitario”. Ecco allora perché spesso abbiamo associato la nostra “esperienza comunitaria” all’idea di traversata o di viaggio…..ma di un viaggio identitario senza meta e senza ritorno nel senso “povero” inteso da Benjamin non come “privazione” dell’esperienza ma come esperienza “della privazione e come privazione” tout court.Consapevoli,però, che l’esperienza stessa porta il soggetto fuori di sé e la depriva di ogni “soggettività” leggera o pesante che sia.“Rimettere in questione il soggetto- spiega Foucault- significa sperimentare qualcosa che sbocca nella sua distruzione reale, nella sua dissociazione, nella sua esplosione, nel suo capovolgimento in tutt’altra cosa”. Può essere difficile e doloroso per le nostre inossidabili e comode convinzioni ma resta l’unica strada per poter costruire “Comunità libere ed aperte” e non “enclaves identitari e autoritari” e sopratutto non invischiarsi affascinati in una “microfisica dei poteri” come puro esercizio egoistico, retorico o sofistico.Non può esservi nessuna forma di conoscenza e di sapere senza una comunità di riferimento né esperienza interiore e personale senza la comunità di quanti la vivono e……..la conseguente esternazione o “comunicazione è qualcosa che non viene affatto ad aggiungersi alla realtà umana, bensì la costituisce” (Bataille)Bisogna ricreare un luogo e un clima di “tensione contraddittoria” fatta insieme di fascino e di sfida, di identificazione e rifiuto,di paradossali equivoci e palesi fraintendimenti, di diversità e amicizia , di generosità e dono……di sogno e realtà . Perché ci sia “comunità” non è sufficiente che l’io si apre ,si perda o si dona all’altro ma la nostra fuoriuscita si determini mediante un “contagio” rompendo tutte le forme di “immunitas” coinvolgendo tutti i singoli membri della comunità e la comunità nel suo insieme. Intaccare l’isolamento e le solitudini che non si possono attenuare socialmente o chimicamente ma soltanto colla condivisione….. “cum-dividere”... "cum -munus".Dopo Hobbes ci siamo garantititi dalla paura e scelto il diritto di sopravvivenza individuale con una sorta di “immunizzazione” (Stato) volta a garantire la sopravvivenza individuale imponendoci una restrizione o eliminazione del senso naturale di Comunità umana non coincidente con lo Stato come una sorta di “protesi artificiale”. Cosa sia ad ora una "comunità provvisoria" nessuno può dire con chiarezza e determinazione…..è inattuale e aspaziale per cultura ma nello stesso tempo ha un luogo e un tempo …vive di orizzonti mutevoli e irreali al limite del miraggio ma tutto ciò non è un buon motivo per abbassare lo sguardo sui nostri piedi e affogare nel quotidiano,nel luogo comune e nelle abitudini ma pretendere alzarlo anche se non troppo in alto “al di là del cielo stellato sopra di noi” e neanche solo "nel mondo morale dentro di noi".Siamo non a caso “irpini” appenninici ....uomini con orizzonti verticali leggeri e abbiamo ingaggiato una sfida per ricreare un “umanesimo degli appennini” come orizzonte specifico e non assoluto del nostro viaggio mentale e pratico.mauro orlando
venerdì 21 settembre 2018
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