per un vecchio amico ...professore di latino e greco....
di mauro orlando
.... in un piccolo paese come Santa Maria di Castellabate…...vivi e respiri il bello al suo meglio di luce...colore...sapori...profumi ....parole...sentimenti...passioni ed anche dolore e sofferenze dell' anima....ho conosciuto anni fa un vecchio professore di latino e greco ....mi parlava con incanto amoroso di Virgilo ..il mantovano e dell' “otium” poetico di "Titire ...recubans sub tegmine fagi et modularis avena"…suonare il suo aulo all’ombra di un faggio…. suo sogno di un nord padano georgico e bucolico ...io gli parlavo di Catullo…mio dirimpettaio a Desenzano del garda e della sua cara " poene insularum Sirmio..insularumque ocelle"….. la bellezza del suo “buen retiro” e il suo amore complicato tra un “amo et arceo” per la bella e leggera Lesbia...mi raccontava dello stupore di sapere che a punta Licosa si è consumato l’amore non corrisposto e il racconto mitico di un amore dolorante lirico della sirena Leucosia ....abbandonata da Odusseus ...lo scaltro eroe di passaggio nel “ greco mare in cui nacque Venere” nelle antica terra del Cilento mediterraneo e il ricordo archeologico della “porta aurea” attraversata dal carro della filosofia che portava nientemeno che l’Essere e che ad Elea ha visto discutere di “Essere e divenire” nientemeno Parmenide il protofilosofo con il paradossale Zenone....che belle e liete occasioni di condivisioni…koinonie…empatie e scambi di amorosi sensi tra generazioni diverse ed eguali….. abbiamo vissute in questi anni di " buen retiro" cilentano..lui innammorato curioso della " modernità" del nord Italia ....io ....emigrante scolastico e privilegiato al Nord della modernità “magnifica e progressiva” gli enfatizzavo il mio “nostos” culturale per le terre meridiane e interne " principio lirico e filosofico" della mia anima viandante e paesologica..gli confidavo che a Santamaria mi richiamava la figura mitica del virgiliano “vecchio di Gorico”..l'antica Paestum..al “termine della mia fatica….extremo ni iam sub fine laborem”…..
."Atque equidem, extremo ni iam sub fine laborum vela traham et terris festinem advertere proram…citavo a braccio e accennavo a una condivisa traduzione...
"E certo, se ormai al termine della mia fatica non dovessi ammainare le vele e dritta puntare la prua verso terra, forse canterei l’arte di rendere fertili e di ornare i giardini, rosai di Paestum due volte all’anno in fiore; come l’indivia si anima bevendo ai ruscelli e l’apio verdeggia sugli argini, o come attorcigliato in mezzo all’erba cresce gonfiandosi il cocomero; senza dimenticare il narciso d’autunno, lo stelo flessibile dell’acanto, l’edera pallida, il mirto innamorato delle spiagge...."…outopos senza ideologia …...e non ancora tranquillo viaggio di un Edipo che conosciuto il gioco doloroso del suo “destino” si avvia ad incontrare il dio nei giardini profumati e luminosi di Colono ..i suoi ricordi di professore di latino e greco a scuola sono legati tutti al bello nelle parole della poesia e della lingua come letteratura con una palese riverenza al "logos-parola" della mia “ancella philosofia”...l' estate scorsa è stato colpito da uno stato di tristezza saturnina nella sua vita intima e semplice....l ' ho incontrato più volte in questo mese...una mestizia dolorante e una tristezza addolorata ha preso possesso del suo corpo ...del suo volto ...dei suoi occhi ...della sua anima...poche parole dette con immediata semplicità e pesantezza assieme " il dolore e la sofferenza ....mi ha confidato con disarmante tristezza....hanno invaso e sottomessa la mia anima...ci sono cascato come un fesso qualunque!"....niente o a poco è valso ricordare l' ottimismo non di maniera della "ragione" hegeliana che nel conflitto dialettico "servo-padrone... evitava con il "lògos" la possibile servitù al “daimon” insidioso, sensibile ed emotivo del sentimento che incappa nelle maglie della rete "depressiva" e si sente perduto come in stato definitivo dell'anima ferita… come in un tunnel nihilistico senza chiaroscuri e senza uscita...
Difficile avvicinarci con condivisione e rispetto ad esperienze di vita irretite nel mistero del dolore e della tristezza dell'anima.... ricordando la gioia, la letizia, la esudaimonia-felicità e la speranza pur nella fragilità del bello poetico e letterario ….le parole vive aiutano e non risolvono....danno un senso di buona e bella umanità nelle relazioni amicali e ci ricordano della necessità di uscire dalla nostra soggettività….. “monade senza finestre”.. autoreferenziale dalla nostra identità e dalla stessa nostra solitudine senza il segno della alterità...koinonia...comunione e empatia...di vita emozionale e razionale individualistica...E’ in queste situazioni .spesso ti crolla addosso un triste sconforto e pensi che anche " la parola" rischia di morire appena detta se non sentita e vera ....ma in questa occasione speri che per miracolo comincia a rivivere nell'altro addolorato e triste anche senza sapere come e perchè....sai che accade solo per fede nella parola umana....leggera e profonda della poesia che ha coltivato la sua anima che ci ha riempito di bellezza e leggerezza per tutta la vita.... evitando il nulla che ci disincanta e amando il mondo che ci incanta e ci forma...tenendo sempre lo sguardo fisso ... vigile sulle cose e le persone del mondo senza slegarsi allo stupore e alla meraviglia per i fatti normali e quotidiani come fossero sempre “ avventi straordinari …unici e irripetibili”....coltivando una ragione che non si accontenta di una ragione quando si fa cinica e cattiva o distaccata e stoica....la cultura diventa in questo caso un abito aderente al corpo e all'anima come una “forza-dunamis” del sentire che influenza le scelte umane più della ragione filosofica. Il sapere che si fa “debole e arreso” nella sua provvisorietà vitale che si defila dalla "identità" forte e strapaesana che si accontenta di sè e del suo potere di riscatto o di comando con l'avallo del pregiudizio dei più.Un sapere dallo sguardo lungo e profondo che con la sua saggezza ordinata e caotica si fa distaccata e benevolmente altruista. Ho inseguito per una vita intera il mio “io” lirico e altruista e da parte mia con l'insegnamento ho cercato di comunicare il valore dell' inquietudine....l' uso senza abuso pregiudizievole del dubbio e del sospetto....il modus e il senso della rabbia, delle provocazioni, del conflitto e del dissenso, del gusto del paradosso e della ironia, la necessità della lotta come essenza della vita... per me e per gli altri. Assicurandomi insieme una misura etica di contenimento e di ordine (nòmos)...di pacatezza, di distanza, di chiarezza non retorica o sofistica .Ho pensato al " conflitto-pòlemos" come condizione e occasione per crescere in “communitas”…senza “immunitas” discriminatoria e razzista….un vivere come esito irrinunciabile piu che inevitabile...un comprendere senza simulazione e autoinganno. Oggi “la crisi” imposta da altri con potere di “controllare e punire” ci impone un nostro presente ossessivo ...alienante e depressivo.Un presente sempre presente… ci confonde e non ci attrae e stimola a una " sfida cognitiva o etica" ……in una sorta di “tsunami” di postmoderno, di globalismo, di omologazione coatta senza Pasolini.La cultura e la politica nella piena di informazioni ai tempi della riproduzione tecnica.. hanno messo a nudo e all' angolo un pensiero poetante e emotivo e una pratica della " vita activa" che rendono inattuali gli stessi concetti di tradizione, innovazione,progresso, sviluppo, innovazione e...rivoluzione.....in uno sguardo e un tempo verticale …immobile e interiore, fuori dell' orologio di una Storia scritta da un “padrone con i suoi “arcana imperi” che ha infettato culturalmente anche il senso di un viaggio nell' immaginario geografico " orbi terraque" con l’assillo curioso della scoperta o della “apocalypse now” della coscienza infelice occidentale ma nella nella “ipostasi dello spazio siderale... allora anche le sue mappe ricche di incogniti e metafore risultano vecchie ....asfittiche e illeggibili....la nostra esistenza attuale non determina più curiosità… emozioni...sentimenti e passioni lunghe che regolano il sentire e le percezioni con un pensiero poetante o una poesia pensante nel fare esperienza del mondo e delle persone....siamo prigionieri di labirinti creati da altri tra rebus e algoritmi del pensiero ripetitivo e vuoto di un comunicare perpetuo in una connessione costante a un invisibile nulla ...dove la memoria o il ricordo non sono trama e racconti di un passato che non passa e non aiutano a vivere il presente né “come eterno ritorno dell’eguale” né come un “finalismo” eteronomo e autoritario.Un sapere che nasce dall’esperienza che sa prevedere e programmare il futuro....utopico o concreto e progettuale che sia. Essere presenti senza essere solo " gettati" in un mondo senza senso e fine....dallo stesso allo stesso...e .produrre parole anche poetiche come pensiero estetico....o come atti politici di abusate e consumate dottrine politiche….ma come occasione per ....riprendersi il centro del gioco del vivere oltre la comprensione e l' uso delle regole....riuscendo anche a ridere di noi e scherzare e ironizzare sul mondo...sulla cultura...sulla politica...sull' arte rimescolando continuamente le carte e creando tensione e gioco come transito consapevole e riflessivo sul presente...Ritornando nei “piccoli paesi dalla grande vita conservata” alla periferia dei centri produttivi e del disastro incivile e antiumanistico metropolitano per rieducarsi ai silenzi...alle solitudini...alle piccolezze della " grande vita carsica" della terra che ci dà da nutrirci e dei paesi che ci danno da vivere anche nell' abbandono...nei terremoti ...nelle frane e nel bello che ama nascondersi....e conservarsi per essere “svelato” dalla nostra intelligenza curiosa e emotività vitale.
Mauro Orlando
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