giovedì 30 settembre 2010

Elisir dìamore per .....le parole comunitarie:amicizia

Se uno ,con la parte migliore del suo occhio, che noi chiamiamo pupilla, guarda la parte migliore dell’occhio dell’altro, vede se stesso” Platone.




L’amicizia è ancora un sentimento fondativo ed essenziale della esperienza esistenziale e culturale della Comunità provvisoria?E’ dissolta,nascosta o momentaneamente accantonata per i tempi migliori? Forse siamo vittime inconsapevoli degli ultimi sviluppi tecnologici delle società di massa che incollandoci davanti a un computer ci costringe a consumare le nostre bulimie affettive per esorcizzare la solitudine,lo sradicamento , il silenzio,le offese e le amnesie delle identità. Sempre più l’amicizia non praticata diventa difficile,impraticabile nello schema e nella funzione della ‘fiction’. Siamo sempre più prigioniere di storie e labirinti che che non necessariamente pensiamo e costruiamo noi anche quando le raccontiamo.La pratica praticata intorno a noi delle conoscenze utili e degli scambi di favori che aiutano le relazioni ipocrite e convenzionali che possono diventare vantaggiose…..non ci aiuta .La nostra grammatica sentimentale e sociale ci obbliga oggi a sceglietre tra il ragionare al ‘singolare’ o al ‘plurale’.

Nel singolare coniughiamo la solitudine dell’anima che progetta e vagheggia mondi ideali o ancestrali, eden e paradisi perduti, radici nobili che la società ha corrotto o coperte ,dimenticato o deviate,ideazioni e sogni che non possono più essere declinate in pubblico o nei rapporti comunitari perchè altri le hanno usate male e mortificate . Al singolare possiamo vivere il dolore e il morire con dignità e autenticità e al massimo ci permettono di avere il coraggio di raccontarle e di esporci nelle nostre piccole comunità. Al plurale siamo costretti sempre a dare prova di sano realismo,,tolleranza e pluralismo, di stare ai fatti, di controllare le emozioni, le rabbie, i sogni ,le speranze, a dare risposte innocue agli altri e contenere e controllare le domande scomode per essere accettati,riconosciuti,identificati e in qualche caso applauditi. L’amicizia può permetterci di coniugare il singolare al plurale ….e non è un gioco di parola. I nostri antenati greci ( spero di non offendere altre convinzioni sulle nostre origini) avevano in uso il ‘duale’ come forma verbale che esprimesse la valenza simbolica del linguaggio quando doveva esprimere i momenti e i furori sentimentali dell’innamoramento come “stato nascente” in cui non si riesce a pensare a se stessi senza l’altro. L’amicizia comunitaria come l’amore abita e vive al duale rifiutando l’anonimato e l’ipocrisia nel pubblico e la solitudine e l’afonia o l’egolatria in privato. Ecco perché la scelta comunitaria e paesologica è altruista e rivoluzionaria e l’amicizia in più ci permette di comprendere tutte le eccedenze di senso che in pubblico potrebbero apparire come segni di follia ,di idealismo,romanticismo ma in privato una possibilità di ascolto accogliente e generoso delle nostre intime verità e sentimenti. Per questo anche nella Comunità provvisoria si possono auspicare molte amicizie che possono corrispondere alle sfaccettature delle nostre anime che non possono essere svelate alla legittimità di custodire intimi segreti che altri segretamente custodiscono. Le nostre azioni pubbliche e comunitarie non devono necessariamente cercare consenso, conforto o confidenze ma sviluppare la necessità di alterità e apertura partendo dai ritmi intimi della propria anima che non hanno voglia di macerarsi nella solitudine dolorosa o di perdersi nei rumori assordanti e omologanti del mondo industrializzato e di moltitudine. Per questo io sono per sviluppare e non mortificare nella nostra esperienza comunitaria il sentimento e lo stato dell’amicizia per derimere e combattere la falsa alternativa tra l’anonimato o l’adeguamento nelle società dei paesi del nord indistriale e la solitudine dolorosa o furiosa dei piccoli paesi e delle colline.Anche l’esperienza politica deve sempre più puntare a ricreare,favorire o promuovere primaditutto l’incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso nei “non-luoghi” della modernità e le vaste bellezze naturali degli appennini del mondo e vedere in un amico l’occasione e l’opportunità di uno sguardo accogliente che ci invita a fare un viaggio assieme per scoprire e amare le proprie radici non dividerci o distinguerci dagli altri ma per poter continuare i propri racconti personali anche ad altri a cui hanno mortificato la coscienza , misconosciuto le storie ma sopartutto gli hanno tolto le parole per raccontarle e continuare a viverle amichevolmente e politicamente insieme e in pubblico .

mauro orlando

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