giovedì 2 settembre 2010

Elisir d'amore per ......LA COMUNITA' PROVVISORIA

"....solo questo possiamo dirvi ....ciò che non siamo e ciò che non vogliamo" Montale



I toni e lo stile di alcuni interventi sulla stampa locale che si dilettano a dipingere in modo caricaturale o distorta “ad usum Delphini” l’esperienza originale della “comunità provvisoria” anche nella consapevolezza che fa parte del gioco ‘politico-culturale’ richiedono l’urgenza e la necessita di una ulteriore precisazione non solo per misurare le nostre capacità o ingenuità comunicative ma sopratutto per non ricadere ancora una volta nel clichè della inveterata pigrizia e malevolenza così connaturata al nostro “carattere irpino”. La nostra esperienza comunitaria è talmente bella nella sua originalità e autenticità e pericolosa per tutti i poteri consolidati ‘vecchi e nuovi’,individuali e sociali, che intellettualmente ci obbliga a ricorrere al consiglio del grande ‘Niccolò’ : essere forti come leoni e accorti come le volpi e …..diffidenti e discriminatori come i lupi! Noi siamo consapevoli che quando progettiamo un parco libero e sociale e non costruiamo ‘polis’ perfette con mura ostili e leggi fredde per esercitare il ‘polemos’ delle diversità, quando rincorriamo culturalmente ancora Orazio nel suo viaggio da Roma a Brindisi sui reperti della via appia o dei tratturi della transumanza umana e animale naturaliter mobile e non stanziale , quando cerchiamo di ingabbiare nel ‘logos’ della filosofia le intuizioni poetiche della “paesologia”, quando mettiamo in opera un diverso modo di praticare e rioganizzare il turismo e il tempo libero e lento nella nostra bella,sana ,pulita e verde terra, quando denuciamo e pensiamo ad una analisi e programmazione del territorio per l’uomo e non solo dall’uomo, qaundo inseguiamo un origianle ed efficiente modo di praticare l’architettura ,i mestieri e le professioni nella cosidetta Irpinia d’oriente prima e dopo i terremoti o le catastrofi naturali , quando andiamo dietro alle parole e ai suoni dei poeti folli nella sostanza dei sogni e delle profezie come bambini ingenui dietro agli eterni aquiloni della vita ……sempre pensiamo ed agiamo nella ricchezza e nella difesa della individualità ma nell’rizzonte e nella prospettiva comunitaria….anche se provvisoria per disamore degli steccati e delle chiusure di ogni tipo. Ancora quindi una sollecitazione per precisare “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”. Il terreno e gli argomenti li scegliamo noi unici titolari di una corretta e veritiera ermeneutica. Gli stili e gli umori e le miserie personali interessano poco perché legittimi sempre anche se mediocri e malevoli. Interessa la sostanza degli interventi soprattutto come precauzione metodologica alla rigidità,alla pesantezza,alla durezza di un dialogo vecchio ed abusato tra ‘intellettuali di provincia” ,“sordo e cieco” tra le rassicuranti coppie vero-falso, arcaico-moderno,vecchio-nuovo e quant’altro .A fatica stiamo rappresentando uno spazio e una occasione di libertà e di democrazia ai margini e alla periferia dei poteri che cerca di agire come dissolvente delle fissità e delle rigidità.

Con lo scopo di fluidificare i rapporti tra i soggetti senza necessariamente ridefinirli in uno spazio rappresentativo e generale mitico o ideale mai ideologicamente identitario e discriminatorio o xenofobo. Consosciamo bene la “tragica storia” del Novecento e anche “la ridicola farsa” della recente storia politica italiana! Siamo convinti con modestia che l’intelletto sia sempre in ritardo sulla vita da vivere e raccontare. La frammentazione, il dis-ordine, l’antagonismo,il dialogo,il conflitto che quest’ultima esprime può essere ordinato, pensato, solo in forma metonimica, mai prescrittiva e assoluta. La stessa necessità del richiamo a un passato, una cultura, un territorio specifico (Irpinia d’oriente) può essere revocata o evocata muovendo dal presupposto che la serie dei possibili viene orientata e «chiusa» solo a partire dal presente (sempre momentaneo e casuale) che lo cristallizza in propria premessa metodologica mai mitica,etnica,reazionaria Il contrasto, il conflitto – in tutta la vasta gamma della loro fenomenologia di passioni apparentemente dissociative (dalla gelosia all’antipatia, dalla concorrenza alla lotta, dall’odio privato all’antagonismo politico) – devono esprimere e rappresentare la correlazione energetica tra istanze dissociative ed istanze associative che ognuno di noi porta dentro il suo dna e le sue ‘accumulazioni culturali’. Il perseguimento di scopi soggettivi non è opposto alla realizzazione di effetti generali ed oggettivi ,comunitari, per il semplice fatto che l’oggettività è sempre un effetto di condensazione del soggettivo. Non cerchiamo di irrigidire in istituzioni o ‘stati’ anche solo mentali attraverso un apparente concretizzazione o formalizzazione dello stato di natura immaginato da Hobbes, essa non richiede alcuna istituzione esteriore che ne neutralizzi gli effetti dirompenti,liberi e conflittuali ma rappresenta di per sé stessa un intreccio di incontri,umori, concetti, opinioni, idee per cui i concorrenti in lotta tra loro sono obbligati a focalizzarsi sul volere, sul sentire e sul pensare di altri uomini, piuttosto che al suo ombelico psicologico o culturale come abituato chi confonde la sua “intellettualità” con la verità .Noi siamo sempre convinti che il conflitto (polemos)è cifra dell’intensità dell’unità della relazione sociale e culturale che non si irrigidisce nella “polis” ideale o concreta. Tanto più ricca, fluida e conflittuale la vita che lavora dall’interno le sintesi formali come “la comunità provvisora “ o altre esperienze sociali e culturali, tanto più alta la possibilità che la loro produzione mantenga inalterata la struttura temporale e provvisoria che le caratterizza dall’interno e che il sistema generale dei rapporti individuali , sociali, politici e culturali per così dire, evolva in fluidità e leggerezza. Nessuna «unità superiore» o “presunzione di primazia” può essere pensata (o concedersi all’immaginazione di essere) definitiva, Il presente, per così dire, non è mai perfettamente contemporaneo a sé stesso. E questo significa che ogni equilibrio è fluido e ogni sintesi aperta. Rispetto a ciò che è, a ciò che è stato, e a ciò che sarà. Un conflitto che impone il confronto ai poteri politici e personali quando si irrigidiscono e si solidificano in arbitrio o presunzione. Uno confronto-conflitto neanche come esercizio retorico, di esodo , estetico ,narcisistico e autoreferenziale che non precede o persegue la sua neutralizzazione, ma che deve essere letto come l’asse principale di temporalizzazione di ogni formalizzazione provvisoria del legame tra gli uomini. Non un “itinerario turistico o folcloristico”, “contrabbando della verità” ecc.ecc. ma neanche “presunzione di verità” ,riproposizione di comode,ingessate e vecchie forme di conflitto e un richiamo solo formale alla consapevolezza e alla libertà sempre e solo propria e non degli altri. Questa è l’aspetto radicale e provvisorio che si cerca di vivere e pensare nella Comunità provvisoria e su questa sfida cognitiva e politica assieme che ameremmo confrontarci per il futuro. “Hic Rhodus,hic salta” Il resto è già stato consumato anche con notevoli qualità nella lunga storia culturale della nostra prodiga terra,non ci intriga e ….un po’ ci annoia.



mauro orlando

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