venerdì 4 febbraio 2011

Elisir d'amore per .......Cairano 7X 2011


c’è una desolazione che è anche beatitudine. c’è un paese piantato come un meteorite nell’irpinia d’oriente, un paese che guarda a un mare d’erba, ai monti picentini, alle alture lucane. cairano guarda a sud dalla sua rupe. non ci sono cose da vedere, nel senso strettamente turistico del termine, ma da cairano si vede molto, ma bisogna arrivare alla nuca silenziosa del paese: il paese ha letteralmente la testa tra le nuvole. alla fine di giugno, quando ad occidente c’è più luce, cairano7x è una settimana per parlare e ascoltare. non un festival, non è un evento, è una cerimonia dei sensi. non è un´adunata di specialisti. è una festa del silenzio e della luce, un cantiere delle arti e del buon vivere. artisti, architetti, archeologi, artigiani, poeti, musicisti, teatranti, registi, gastronauti, pensatori, contadini, nullafacenti, tutti insieme tutti a intrecciare i fili di un nuovo modo di abitare i luoghi considerati più sperduti e affranti. è un´esperienza per i liberi, per i non affiliati, per chi sente il dolore e la bellezza di stare al mondo, per chi ancora vuole provare a fare un buon uso, un uso semplice e profondo, di noi e del mondo. cairano come luogo d’intreccio, capitale dei confini. ogni arte, ogni persona si sporge sul bordo di se stessa, si pone in bilico, in ascolto di altre arti, altre persone. portiamo a cairano chi lavora per la bellezza, chi ancora crede al mondo come a un luogo per amare ed essere amati. non si viene qui per esporre le proprie mercanzie artistiche o dialettiche e andare via. non si viene qui per fare un numero, per eseguire uno spartito confezionato altrove. si viene qui per fare cultura e politica, per farle insieme. è il momento di smuovere l’immaginazione, costruire progetti che usano la gomma più che la matita. andiamo sulla rupe per cucire in una nuova alleanza il vuoto e il silenzio e la luce e il cibo e il pensiero e l’arte di trascorrere il tempo su queste schiene di terra che si abbassano verso il mare e in cui ogni paese è una vertebra isolata. da questo isolamento vogliamo offrirci e offrire un’esperienza di comunità, una comunità necessariamente provvisoria in questa stagione di autismo corale. non siamo paesanologi, non nutriamo nostalgie dei paesi com’erano una volta. ci sporgiamo verso il futuro partendo da una fonte che sia solo nostra. siamo stufi di pensare a questi luoghi con le categorie degli altri. non cerchiamo turisti, ma nuovi residenti. e si verrà in questi luoghi non solo per lo loro bellezza, ma perché qui si può sperimentare un diverso modo di vivere, lontano dall’affollata insolenza dei centri urbani. (f.arminio)



Perchè tutto non ritorni alla routine,alla normalizzazione e …alla omologazione.La nostra esperienza comunitaria e paesologica va curata e vivificata .Non possiamo permetterci il lusso di “annacquarla”,minimizzarla o omologarla con dosi di buon senso o di pragmatismo senza anima.Il rischio e il danno è per tutti….i sognatori e i pratici! .E’ per questo che voglio ribadire, prima di tutto a me stesso, il senso autentico e coerente della mia esperienza nella Comunità provvisoria come percorso intellettuale e esitenziale di vita vissuta non come fatto ossessivo e mentale ma come esigenza di coerenza concreta identitaria personale e comunitaria assieme.Avevamo pensato una provocazione ossimorica possibile che recitava : è’ difficile e un po’ presuntuoso parlare di “ un mondo antico morto e di un mondo nuovo ,sfinito e senza radici” , suggerire di “non guardare in nessuna direzione….con lo sguardo del cane anche se prolungato affettuoso e clemente.Duro far passare l’idea di “avere paura di costruire certezze e di praticare esercizi di perplessità non come esercizio di stile….” Raccontare che noi lavoriamo per pensare ad un nuovo tipo di comunità. Non una comunità anacoretica di quelli che amano allontanarsi dal mondo , di singolarità solitarie con vocazioni a ritirarsi in una sorta di slegamento sociale senza appartenenze e legami.Mentre il mondo massificato fuori impazzatra rumori assordanti di clacsons nevrotici e il cervello si spappola tra il velenoso ‘co2′ e la insidiosa frenesia di una ‘operosità’ malposta e imposta a un individualismo nevrotico e cinico . Non siamo per una ‘singolarità” qualunque in nome di una identità comune al di la della forma in cui essa sia modulata. .La esperienza della Comunità provvisoria, di Cairano 7X , la ricerca conoscitiva della “paesologia” rispecchia lo spirito leggero,provvisorio,creativo, che vuole espressamente evitare finalità,modelli,formalismi già consumati nel passato.” Un luogo per chi ha due minuti tra le dita per sè”.Un luogo dove si possa comunicare e “conversare non sotto il peso delle nostre parole e dove si possa passeggiare con la naturalezza e la leggerezza di un passero sopra il ramo” .Dove viviamo la vita e …noi che ci conficchiamo in essa istante per istante”…Nell’impazzare ‘ideologico’ dell’uomo del fare come il ‘passepartout’ di tutte le pigrizie,le lentezze,arretratezze di un umanesimo che confligge con una idea di modernità che ci vede non solo sospettosi ma contrariati e resistenti.La nostra parola magica è ….inoperosità comunitaria .”andare all’aperto,fuori di noi e non rinserrarsi impauriti nella “coscienza” su qualche comodo lettino di analisi o sedando il nostro corpo”.
E avendo scelto concretamente la parola «comunità», ci accorgiamo che essa è riconducibile, in definitiva, ad un duplice senso: ciò che è in comune ed essere-in-comune.. L’essere-in-comune rappresenta la modalità di esistenza del libero individuo che partecipa direttamente, insieme agli altri, a ciò che è in comune. . L’essere-in-comune è appunto riferito ai componenti della comunità. Ma gli stessi componenti, sebbene fondamentali per l’esistenza della comunità, possono essere gli artefici di un ribaltamento dialettico, un cambiamento di visione che li deve condurre da una modalità disgregativa a una aggregativa. È una dimensione plurale della comunità in cui la “molteplicità” fa intravedere una dimensione in cui la persona non è separata dalla vita, o da se stessa, ma coincide con essa in un sinolo inscindibile di forma e forza, di esterno e d’interno, in cui il soggetto è finalmente norma a se stesso e non deve nulla ad istanze trascendentali o trascendenti. In altre parole, un unicum, o singolarità, che coniuga il singolare e il plurale nella stessa persona.. Ed ecco allora il paradigma o la categoria originale e diversa della provvisorietà e ….della inoperosità !Difficile spiegare evitando la spocchia dottrinaria o la ingenuità visionaria e inattuale. L’improduttivo spazio e tempo dell’inoperoso non è delimitabile da un opaco dispositivo di miscelazione di desideri arcani, pulsioni di fuga, resistenze inerziali, eremitaggi esistenziali, silenzi e rifiuti assoluti, immobilismi estremi, estetismi letterari ed artistici . Volendo far uso di un lessico più squisitamente filosofico, possiamo peculiarmente qualificare l’inoperoso come la prevalenza dello stare dell’essere sul divenire dell’essere: esso è il sottrarsi giocato contro l’esporsi. In tal senso, è la faccia speculare e contraddittoria del potere: l’abbandono simmetrico alla cattura e alla diaspora possibile . Noi vorremmo scongiurare l’abbandono delle emigrazioni,le fughe nella propria autosufficienza intellettuale o sociale,la cattura nelle neoideologie postmoderne del “fare” come variabile indipendente della producibilità umana universale e necessaria. Dobbiamo pensare per non disperare che possa esistere o essere pensata una possibile nuovo modo di fare economia.Si parla di economia ‘noetica’. Una possibile nuova situazione in cui le visioni, i miraggi, le speranze segrete e inconfessabili, le introflessioni integrali, i mutismi e gli arresti incondizionati, le resistenze estreme e l’estrema inarticolazione dell’inoperoso diventano la prassi possibile per vivere e pensare “i piccoli paesi” dell’abbandono, e dei “terremoti”,delle emergenze o delle urgenze naturali o meccaniche. Essa, grazie alla sua razionalità metapoietica, fa dell’inespresso,del fantasioso,del sogno e del non pianificabile il suo oggetto perspicuo, che non lega le proprie sortie le sue finalità alla esplosione consumistica e sublimazione riproduttiva . L’inespresso e l’inarticolato non necessariamente devono essere letti nell’ottica sublimato, modificato e riprodotto. Attenti e sospettosi che anche l’inoperosità può essere trasformata in mercato operoso che mette in scena il fantasmagorico teatro della fruizione consumistica dell’inespresso. Che l’inerzialità, l’inespressività e l’inappagabilità dei desideri possono diventare sempre riproducibili, attraverso sequenze/figure immaginifiche: replicanti che si spacciano per mutanti. In queste condizioni inedite e nuove rifiutarsi di pensare che non v’è alcuna speranza di poter ingabbiare anche l’inoperosità nel ciclo o della salvezza o nell’orizzonte della linea di fuga. Anche per questo scriviamo in questo Blog e ci prepariamo per Cairano!Qualcuno ci consiglia di : Primun vivere e fare deinde …….philosofare !E’ difficile, complesso, barocco ? E sia !”per aspera ad astra ” era scritto nella mia aula ginnasiale del Liceo “Parzanese” di Ariano e ,fuori retorica, concretamente mi va bene ancora oggi insieme ad una certa leggera e praticata irresponsabilità antidogmatica , antiautoritaria e anarchica …nel senso profondo e non ideologico del termine. Ricordiamoci sempre ,però, che la comunità provvisoria sopravvive solo se alimenta la sua anima “paesologiaca” e Cairano 7X ne è la declinazione più autentica e profonda….il resto è routine,abitudine ….,deja vu, omologazione.Mi piacerebbe che ognuno di noi ptesse dire come Flaubert per la sua “Madame Bovary” …….Cairano 7X ….. ” c’est moi”!

mauro orlando

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