mercoledì 12 marzo 2008

Una nuova identità plurale della cittadinanza

Una nuova identità plurale della cittadinanza

Il pericolo teorico-pratico di qualsiasi processo di formazione di un Partito nuovo è cessare "di mettersi in discussione" o sentire il timore di poter concepire una possibile "alternativa" alle proprie forme acquisite di rappresentanza ,siano esse esplicite o implicite.
Ci si sente esentati o infastiditi dal dover riesaminare, riargomentare, rigiustificare o riprovare la validità dei propri postulati , opinioni o ragionamenti o la utilità dei propri esiti se pur non ritenuti assoluti e definitivi nel consumato e conflittuale incontro con le storie del nuovo secolo.
I partiti politici nella cosidetta età della "postdemocrazia" sono vivi e vitali fino a quando non sopprimono, sopportano o vietano il pensiero laico, critico e plurale.
" La politica si fonda sul dato di fatto della pluralità degli uomini e…. tratta della convivenza e comunanza dei diversi".
Partecipiamo tutti alla politica come "esseri riflessivi" e siamo scaltri nel voler usare tutta la nostra libertà senza voler incorrere nella cosidetta "impotenza da eccesso di libertà".
Ho sempre pensato ad un uomo laico, riflessivo e critico come colui che è sempre e costantemente avanti a se stesso e ai propri fini, in uno stato di trasgressione e criticità costanti.
Siamo soggetti consapevoli di una scelta politica passata dalla ricerca della "società buona e giusta" alla acquisizione e difesa dei diritti umani e civili, come diritti degli individui di essere differenti e di selezionare e scegliere a piacere i propri modelli di comportamenti o stili di vita adeguati.
Siamo tutti individui per scelta, non per necessità o per antiche o nuove appartenenze. Non abbiamo mai vissuto la centralità della "ragione"illuminista e non solo come un nodo scorsoio alle nostre esigenze del "sacro" e del "religioso" e tuttavia abbiamo costruito la nostra "laicità" non come elemento di separatezza e distinzione ma come fondamento all’inclusione e alla comunione.Ben sapendo che la funzione di un partito anche nuovo è precipuamente politica e non etico e meno che meno antropologico. Vogliamo essere individui de facto e non solo de jure in uno spazio pubblico come luogo di libertà, opportunità e mediazione. Dove il nostro impegno politico non si limiti alla esibizione o all’identificazione, l’affermazione o la gestione di noi stessi, meno che meno all’autosufficienza nella pratica e nella gestione di questi compiti.Un luogo aperto ,non liquido, non necessariamente "quadro antropologico e valoriale di riferimento" eteronomo ,se non quello ben definito nei principi essenziali della nostra Carta costituzionale.
Quando individualmente ci siamo lanciati in questa bella e impegnativa esperienza umana e politica pensavamo anche di contraddire l’idea che "l’individuo è il peggior nemico del cittadino" o del "militante" privilegiando l’esercizio realistico del costruire fatti e anche "utopie" o "speranze". Avevamo anche la pretesa e l’orgoglio di rifiutare in tal modo l’esclusione, l’indifferenza, il disimpegno, l’anonimato e l’invisibilità…tutti pericoli di un individualismo gregario e omologato o psicologicamente e esteticamente "iper".
Abbiamo perciò imposto anche alle nostre abitudini e pigrizie di riprogettare e costruire istituzioni logorate e non solo di ripopolare l’agorà, la piazza, come luogo di incontro , di dibattito e di negoziazione tra individuo e bene comune, pubblico e privato e mai come massa plaudente ad un qualsivoglia "leadere" carismatico.
E non sono questi i valori e le idee che pretendiamo di consigliare o perfino imporre ai futuri "politici di professione" e a tutti i "nuovi" Partiti politici ?
Questa è lo spirito ,anche testardo, che ci ha portato anche con sacrificio delle nostre costruite convinzioni ideali e culturali.E ancora una volta per evitare il fastidioso cicalare pettegolo e commediante e sghignazzante della "servetta " di Tracia di turno sul proscenio farsesco della cronaca ,che,in nome di una accattivante "antipoliticità", imperterrita irride chi si sforza di praticare il pensiero per costruire il "nuovo" strumento istituzionale sopratutto come occasione e spazio di esercizio di nuova democrazia.
Diventa,però, sempre più ineludibile e improcrastinabile , una rielaborazione del concetto e dell’esperienza di "cittadinanza" , di "opinione pubblica" o di "classe dirigente" e della democrazia stessa, non necessariamente colonizzata dai media commerciali in mano ai poteri forti del mercato e dello stato , dalla editoria alla informazione generalizzata.
Il barometro dei diritti di cittadinanza, nel migliore dei casi, indica "variabile". Un capitolo a parte, non per una sua minore importanza nel nostro discorso meridionale e territoriale, meriterebbe l’idea di "una cittadinanza dei lavori" con tutte le sue implicazioni strutturali e umane per la vita dei singoli soggetti nella loro dimensione economica, umana e privata.
Ma è la cittadinanza politica il nostro prioritario interesse che negli ultimi anni ha vissuto una stagione di difficoltà e potenzialità assieme. La politica, nella sua organizzazione partitica elitistica , oligarchica o di massa, ha rappresentato questa centralità in modo parziale e provvisorio e non sempre adeguato per motivi anche oggettivi. Pertanto è diventato non solo utile ma indispensabile partendo dalla soggettività attiva e consapevole, ricreare "reti comunicative" sociali attive che non ritraggono la "morte del soggetto" , la sua dispersione o dissoluzione, o un ripiegamento individualistico nel privato "triste ,solitario y final" culturalmente forte o, peggio, nel consumo edonisticamente passivo o di una sorta di ironico "edonismo reaganiano" fuori tempo e fuori luogo.
In questo non ci basta più la coerenza identiaria e valoriale , o il "pluralismo" di maniera , ben sapendo che " un atto coerente isolato è la più grande incoerenza" come ben insegnava Don Lorenzo Milani del vero ed utile senso della politica sia nella nostra vita conoscitiva che sociale.
Mauro Orlando

Nessun commento: