mercoledì 21 maggio 2025


 pensieri da   passeggio


 

 Michel Foucault ha mostrato come il costituirsi dell’individuo moderno sia legato a una forma di soggettività precaria. La sua precarietà consiste precisamente nella rinuncia ad una forma “più felice” di costruzione di sé, radicata nel rapporto specifico che ha scelto di intrattenere con la verità. Riferendosi continuamente ad essa, cercando di trarla fuori da sé, dove suppone che risieda, il soggetto della relazione di potere si imbriglia in forme di assoggettamento e non riesce a liberarsene se non reiterando la trasposizione di se stesso in oggetto. Quest’ultima é attuata attraverso il discorso, il parlare di sé, il vedersi come soggetto e insieme come centro di conoscenza.

Assumendo come modello del potere e delle sue relazioni un modello essenzialmente giuridico-repressivo, il soggetto continua a riproporsi come oggetto di quel sapere che suole opporre al potere, mentre realizza su se stesso un’involuzione etica.

Foucault pone l’attenzione su quelle pratiche che il soggetto, in quanto prodotto storico, ha utilizzato, anche inconsapevolmente, per costituirsi, e fissa i punti di rottura che hanno spostato le modalità di soggettivazione a concentrarsi in sistemi di assoggettamento. Lo studio delle forme storiche di soggettività che si sono succedute nel tempo è utilizzato in chiave critica del presente, di quell’attualità che serve al soggetto per assumere un atteggiamento di sfida dei sistemi di verità che lo vogliono imprigionato in un unico modo di essere, il non poter essere “altro”.

Il soggetto deve ritrovare un modo di vivere ascetico, nella misura in cui il termine rimanda a un lavoro di sé su sé che si dà anche in un esercizio “estetico”. Aspetto politico ed etico dovrebbero coincidere in un’”estetica dell’esistenza” come rivalutazione del “rapporto” con la “verità” nella misura in cui essa stessa si pone come “rapporto” che é all’origine dell’elemento ascetico produttivo di alterità. È qui che la ricerca di Michel Foucault incontra quella di Pier Paolo Pasolini.

-La responsabilita’ della verita’ sul soggetto

« […] L’oggetto della mia ricerca sono stati i tre problemi tradizionali: ’’primo, quali siano i rapporti che noi instauriamo con la verità tramite quei “giochi di verità” che sono così importanti per la civiltà e nei quali fungiamo sia da soggetto che da oggetto; secondo, quali rapporti abbiamo con gli altri attraverso quelle strane strategie e quegli strani rapporti di potere; e terzo, quali siano le relazioni tra verità, potere e sé. […] cosa c’è di più classico di queste domande e di più sistematico del passaggio dal primo problema al secondo e poi al terzo per ritornare infine al primo? (1) »

Per definire il tipo di condizionamento che interessa l’individuo nella relazione con gli altri e con se stesso, Foucault utilizza il termine “tecnologie”, che designa quelle pratiche associate a particolari forme di dominio, e implicanti specifici metodi di educazione e modificazione delle sue capacità e dei suoi atteggiamenti (2) . Foucault indica quattro tipi interdipendenti di tecnologie, tra le quali figurano come ultime

«le tecnologie del potere, che regolano la condotta degli individui e li assoggettano a determinati scopi o domini esterni, dando luogo a un’oggettivizzazione del soggetto; le tecnologie del sé, che permettono agli individui di eseguire, con i propri mezzi o con l’aiuto degli altri, un certo numero di operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima - dai pensieri, al comportamento, al modo di essere - e di realizzare in tal modo una trasformazione di se stessi […] (3)». 2


mercoledì 19 marzo 2025


 parlare  con te è un pò come pregare Dio.....è come morire .....cercare e assimilare nuove emozioni oltreumane.....un ricordo ...un piacevole e doloroso ricordo è come un presentimento di un possibile abbracciare niente ...nessun segno ...nessuna voce riconosciuta ....e sotto ogni segno una immagine nebbiosa...una parola usuale ....come stai e come va ....parole di un racconto fantastico e fantascientifico....e nella realtà esiste sempre una immagine eun racconto  che nessuno vedrà mai  e ascolterà mai .....forse il sogno  o meglio la poesia  perchè è più  generosa  e vera  può invitare anche gli altri a vederla e ascoltarla con fonemi misteriosi e angelici  

lunedì 17 marzo 2025



appunti ritrovati in un vecchio tacquino  abbandonato in un cassetto.......le donne sono ottime madri  e mogli  ma la stanchezza le frega  quando abbassano la soglia dell'attenzione e  della riflessione...perchè quest'ossessionato richiamo alla scoperta dell'altro...gli altri sono da sempre li davanti a te  e non c'è bisogno doi scoprirli.....vedere una persona e percepire una classe, massa o una folla....le aspettative di visione del mondo partendo da un proprio universo mentale ...empatia non è sempre  capacità di partecipare  o accettare i sentimenti ,le passioni , i dolori degli altri attrezzando lo sguardo o cercando le  parole giuste...non è qualcosa di istintivo o qualcosa puramente sentimentale...essa giunge a compimento solo se coinvolge tutta la mente con il riconoscimento dell'altro come essere umano pensante ....uno spasimo utopico...velocità della luce  dei neutrini che producono il pensiero.. voglio sapere che strada devo prendere  a quel bivio....tutto dipende da dove intendi andare e perchè.....chiedilo al cappellano matto ...la apazzia dei grandi uomini non può essere lasciata sola.....scappa lupo ti inseguono...ci sono sentimenti passioni e virtù usurate ...io vivo nelle mie dita che pensano sulla tastiera del mio computer....oggi mi sono fermato a guardare la primavera nei suoi primi segni  e ci ho camminato sopra...pensando al mio autunno  di sfondo e ai possibili inverni del mio scontento ...
mercuzio     

 

mercoledì 26 febbraio 2025




 Mai come negli ultimi tempi la discussione su cosa sia l’Occidente, sulla sua “crisi”, “declino”,

“tramonto”, o addirittura “autodistruzione”, è particolarmente fervente, almeno in certi

ambienti intellettuali, quelli più o meno (ma non solo) conservatori.

Non solo in Italia (si pensi al vivacissimo dibattito culturale francese, per esempio). Non è un

dibattito nuovo, ma risale come minimo a un secolo e mezzo fa, diciamo alle spericolate

avventure intellettuali di Friedrich Nietzsche. Ma a intensificarlo è stata sicuramente

l’accelerazione che la storia sembra aver preso negli ultimi trent’anni, in seguito ai processi

che vengono generalmente etichettati come “globalizzazione”. Soprattutto alle crisi che

l’hanno costellata, da quelle generate dalla sfida terroristica sino alla crisi pandemica, senza

dimenticare quella economico-finanziaria.

D’altronde, cosa è la globalizzazione se non l’apice della modernità occidentale, il momento

in cui anche le forze portanti che l’hanno trainata (la scienza-tecnica fondata

sull’”oggettivazione” del mondo), e gli ideali connessi (il Progresso) sembrano radicalizzarsi

pronti alla battaglia finale. Radicalizzarsi, ma anche paradossalmente convertirsi nel loro

contrario: la Ragione (seppur tecnico-strumentale) in irrazionalismo e relativismo;

l’oggettivazione del mondo nella sua “immaterializzazione” o “de naturalizzazione” (a cui

sembrano alludere ideologie come quella gender).

E infatti molti ritengono che la crisi la si possa “risolvere” solo ritornando in qualche modo ai

valori premoderni (Del Noce, Macintyre), al contrario di chi insiste (come fa Habermas che

poi però contesta alcune conseguenze della sua posizione) sulla modernità come “progetto

incompiuto”.

Altri (Heidegger, Severino), più radicalmente, vedono il declino già inscritto in nuce negli

albori dell’Occidente, in idee confermate poi dallo stesso cristianesimo, nel cui orizzonte si

svilupperebbero pure, e contrario, l’illuministica modernità (è il cosiddetto paradigma della

“secolarizzazione”). Altri ancora (Esposito ad esempio) hanno messo in luce la

complementarietà fra le ideologie del “compimento” dell’Occidente (Hegel) e quelle della sua

“crisi” .

Ovviamente, in questa breve nota, non si vuole prendere posizione, ma solo sottolineare, da

una parte, la complessità del tema, non riducibile alle opposte ideologie politiche sulla “crisi”

dell’Occidente; dall’altra, fare una constatazione. Che è questa: in tutte le dispute

l’Occidente viene considerato in rapporto a ciò che è stato o a ciò che sarà, in base alla

storia. Ed è alquanto paradossale perché Occidente, il luogo dell’occàso, cioè di dove

tramonta il sole, dovrebbe essere prima di tutto un “luogo” geografico, spaziale, più o meno

esteso o estendentesi (la globalizzazione è stata anche vista come una “occidentalizzazione

del mondo”).

E se Occidente fosse invece, appunto, prima di tutto un concetto di tempo e non di spazio?

Se a farlo sorgere non fosse proprio una particolare concezione della temporalità, quella che

vede il tempo come una retta e che vuole consumare il tempo accumulando diritti,

realizzazioni, progressi, eventi, in un vortice di novità che diventano fini a se stesse? Anche i

“reazionari”, in fondo, vogliono andare avanti, seppur per tornare indietro. Una suggestione,

ma dà da pensare


 I libri di Franco sono la storia di una amicizia particolare tra chi scrive le tue idee e i tuoi sentimenti di “ irpino della diapora” a cui a volte hai voglia di farne “ la tara” “ per abundantiam cordis” Le idee che mi sono piaciute discutere alla casa della paesologia di Trevico e nei bei giorni di Aliano cercando sempre di non incorrere di fatto nel pericolo di essere catalogato tra gli “ opinionisti e i problematici militanti e disfattisti”.

Ho necessità di rilevare la generale e diffusa consumazione del tradizionale lessico della estetica ...della letteratura e dell politica e della necessità di una loro riformulazione. Tuttavia, tale riformulazione deve scavare nel contenuto del lemmi fondamentali della filosofia e della poesia occidentale non con l’intenzione di operarne una “Überwindung” un oltrepassamento niciano o heideggeriano capace solo di congedarvisi,o contrapporvisi dialetticamente ma con quella di rivelarne il lato ancora “impensato”. ...e .mettersi sul “ camino activo” dello “svelamento...percettivo o riflessivo”.Per condurre a termine questo progetto, bisogna situarsi all'incrocio di campi concettuali e linguistici differenti: la filosofia e la poesia …” sophia e poiesis” …” sorelle nemiche” della vita materiale e spirituale.
L’ esperienza paesologica ….nella categoria di
“ arrendevolezza” del suo “ sapere” si attesta su un atteggiamento di riflessività nel mondo giocato sulla triade concettuale di Communitas, Immunitas e Bios. Il nodo problematico principale di questa rivisitazione è quello della “comunità”: “comunità” è , fuori da ogni influenza comunitaristica, come ideale astratto o utopistico otto-novecentesco ma come ciò che gli individui semplicemente sono quando sono assieme. Ma che cosa vincola gli individui gli uni agli altri entro una medesima comunità? È una sorta di “debito”, di onere, a farlo: quando questa obbligazione reciproca collassa, allora gli individui si “immunizzano” reciprocamente, trasformando la originaria communitas in immunitas.Tante sono le forme di immunizzazioni anche di carattere poetico, filosofico o politico. Il che vuol dire che gli individui si associano in comunità già risentendo della possibilità della rottura del vincolo comunitario. È per questa ragione che essi stringono reciproca relazione scambiandosi oneri e doveri. La comunità, cioè, si raccoglie in sé immunizzandosi dall’immune, da ciò che è fuori della comunità e per questo la espone a un rischio. È a questo punto, si può dire, che fa il suo ingresso nel discorso la traccia biopolitica: la mancanza che segna oggi in profondità gli individui riguarda la loro stessa sostanza di esseri viventi, per cui è soltanto attraverso la biopolitica – una politica che trattenga in vita la vita – che la comunità può raccogliersi in sé immunizzandosi dall’immune. È questo a fare della comunità contemporanea, ormai pienamente globalizzata, qualcosa dal volto diverso rispetto a quello del passato.
La paesologia quindi non deve incorrere nel facile pericolo di fondare il suo “ sapere esistenziale” sulla categoria della “contrapposizione” della dialettica “ amico-nemico” tra “ percettivi e logici” tra filosofia e filosofia e accettare la reversibilità tra “poesia pensante e pensiero poetante” .Il resto viene da solo spontaneamente e riflessivamente.
mauro orlando