mercoledì 19 marzo 2025
parlare con te è un pò come pregare Dio.....è come morire .....cercare e assimilare nuove emozioni oltreumane.....un ricordo ...un piacevole e doloroso ricordo è come un presentimento di un possibile abbracciare niente ...nessun segno ...nessuna voce riconosciuta ....e sotto ogni segno una immagine nebbiosa...una parola usuale ....come stai e come va ....parole di un racconto fantastico e fantascientifico....e nella realtà esiste sempre una immagine eun racconto che nessuno vedrà mai e ascolterà mai .....forse il sogno o meglio la poesia perchè è più generosa e vera può invitare anche gli altri a vederla e ascoltarla con fonemi misteriosi e angelici
lunedì 17 marzo 2025
mercoledì 26 febbraio 2025
Mai come negli ultimi tempi la discussione su cosa sia l’Occidente, sulla sua “crisi”, “declino”,
“tramonto”, o addirittura “autodistruzione”, è particolarmente fervente, almeno in certi
ambienti intellettuali, quelli più o meno (ma non solo) conservatori.
Non solo in Italia (si pensi al vivacissimo dibattito culturale francese, per esempio). Non è un
dibattito nuovo, ma risale come minimo a un secolo e mezzo fa, diciamo alle spericolate
avventure intellettuali di Friedrich Nietzsche. Ma a intensificarlo è stata sicuramente
l’accelerazione che la storia sembra aver preso negli ultimi trent’anni, in seguito ai processi
che vengono generalmente etichettati come “globalizzazione”. Soprattutto alle crisi che
l’hanno costellata, da quelle generate dalla sfida terroristica sino alla crisi pandemica, senza
dimenticare quella economico-finanziaria.
D’altronde, cosa è la globalizzazione se non l’apice della modernità occidentale, il momento
in cui anche le forze portanti che l’hanno trainata (la scienza-tecnica fondata
sull’”oggettivazione” del mondo), e gli ideali connessi (il Progresso) sembrano radicalizzarsi
pronti alla battaglia finale. Radicalizzarsi, ma anche paradossalmente convertirsi nel loro
contrario: la Ragione (seppur tecnico-strumentale) in irrazionalismo e relativismo;
l’oggettivazione del mondo nella sua “immaterializzazione” o “de naturalizzazione” (a cui
sembrano alludere ideologie come quella gender).
E infatti molti ritengono che la crisi la si possa “risolvere” solo ritornando in qualche modo ai
valori premoderni (Del Noce, Macintyre), al contrario di chi insiste (come fa Habermas che
poi però contesta alcune conseguenze della sua posizione) sulla modernità come “progetto
incompiuto”.
Altri (Heidegger, Severino), più radicalmente, vedono il declino già inscritto in nuce negli
albori dell’Occidente, in idee confermate poi dallo stesso cristianesimo, nel cui orizzonte si
svilupperebbero pure, e contrario, l’illuministica modernità (è il cosiddetto paradigma della
“secolarizzazione”). Altri ancora (Esposito ad esempio) hanno messo in luce la
complementarietà fra le ideologie del “compimento” dell’Occidente (Hegel) e quelle della sua
“crisi” .
Ovviamente, in questa breve nota, non si vuole prendere posizione, ma solo sottolineare, da
una parte, la complessità del tema, non riducibile alle opposte ideologie politiche sulla “crisi”
dell’Occidente; dall’altra, fare una constatazione. Che è questa: in tutte le dispute
l’Occidente viene considerato in rapporto a ciò che è stato o a ciò che sarà, in base alla
storia. Ed è alquanto paradossale perché Occidente, il luogo dell’occàso, cioè di dove
tramonta il sole, dovrebbe essere prima di tutto un “luogo” geografico, spaziale, più o meno
esteso o estendentesi (la globalizzazione è stata anche vista come una “occidentalizzazione
del mondo”).
E se Occidente fosse invece, appunto, prima di tutto un concetto di tempo e non di spazio?
Se a farlo sorgere non fosse proprio una particolare concezione della temporalità, quella che
vede il tempo come una retta e che vuole consumare il tempo accumulando diritti,
realizzazioni, progressi, eventi, in un vortice di novità che diventano fini a se stesse? Anche i
“reazionari”, in fondo, vogliono andare avanti, seppur per tornare indietro. Una suggestione,
ma dà da pensare
I libri di Franco sono la storia di una amicizia particolare tra chi scrive le tue idee e i tuoi sentimenti di “ irpino della diapora” a cui a volte hai voglia di farne “ la tara” “ per abundantiam cordis” Le idee che mi sono piaciute discutere alla casa della paesologia di Trevico e nei bei giorni di Aliano cercando sempre di non incorrere di fatto nel pericolo di essere catalogato tra gli “ opinionisti e i problematici militanti e disfattisti”.