lunedì 19 novembre 2018

.....di mauro orlando


....la lingua della " poiesis" e la lingua della " sophia" sono lingue " sorelle" che amano la " aletheia-verità" come lo " svelamento" del bello che è negli uomini, nella natura, nelle cose..a differenza della idea di Platone che voleva espellere dalla " polis" i poeti perchè corruttori dei giovani da educare al " logos" sovrano assoluto...e allora solo " il pensiero poetante o la poesia pensante " può.recuerare la capacità percettiva-conoscitiva di cercare ...trovare e vivere...

.l' anima o il genius loci dei " piccoli paesi" e la capacità conoscitiva ed emotiva di scoprire e alimentare la " intimità" del fluire puro e comunitario del ruscello e limitare la " distanza" immunitaria di pozzanghere stagnanti ed autoreferenziali.Sentimento, passione , percezioni, idee come " eidein-visioni" per una economia che recuperi il suo cuore emotivo e utopico come " oikos nomos" ordine felice del vivere in comune.....con " eudaimonia- felicità" che è ordine dei "daimon" individuale e comunitario che " dilata l' anima" di un paese....arieggiando .aprendo case non rinchiudendosi nel privato ammorbante e immunitario delle grandi metropoli della " modernità incivile" a " contrazione emotiva



Comunità ruscello contro comunità pozzanghera
Bisogna partire dalle percezioni più che dalle opinioni. Ci vogliono risorse e ci vogliono visioni: intimità e distanza, scrupolo e utopia. Le aree interne, le terre alte dell’Italia non sono luoghi minori, sono luoghi enormi. E solo una clamorosa miopia geografica porta a renderle invisibili pur essendo il cuore della nazione.
Occorre aprire porte che non ci sono, esercitarsi nell’impensato, essere rivoluzionari se si vuole riformare anche pochissimo. I paesi non moriranno, anche grazie ai loro difetti, grazie al loro essere luoghi che tutelano le malattie di chi li abita. In paese si fallisce, ma in un certo senso non si fallisce mai perché si fallisce a oltranza. È come dormire sempre nelle stesse lenzuola. Arieggiare il paese portando gente nuova: il paese deve tenere assieme nativi e residenti provvisori. Questo produce una dinamica emotiva ed anche economica. E la dinamica è sempre contraria allo spopolamento: bisogna agitare le acque, ci vuole una comunità ruscello e non una comunità pozzanghera.
Bisognava aprire emotivamente i paesi, dilatare la loro anima e invece la modernità incivile degli ultimi decenni li ha aperti solo dal punto di vista urbanistico: si sono sparpagliati nel paesaggio, a imitazione della città, ma è rimasta la contrazione emotiva. Il paese va aperto tenendolo raccolto. Lo sviluppo locale si fa ridando al paese una sua forma, ricomponendolo, rimettendolo nel suo centro. Lo sviluppo lo può fare chi attraversa il paese con affetto, non chi ci vive dentro come se fosse una cisti, un cancro.

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