.....à la recherche du temps perdu
di mauro orlando
I più avveduti tra di noi sentono a pelle o con il suo “demone” cupo e pessimista che i rottami dei nostri dubbi e sospetti ci sta cadendo addosso col rischio di sommeggerci.Sappiamo altresì che tutte le crisi igienico-sociali del cosidetto “ciclo dei rifiuti” mette in difficoltà le classi dirigenti amministrative e viene regolata e risolta dai centri di potere che inventano e alimentano il ciclo a proprio uso e interesse. Allo stesso modo funziona il pensiero delle dottrine politiche e culturali che ha soppiantato il cittadino e l’intellettuale nella loro funzione di consapevolezza e responsabilità sociale e comunitaria.Tutti siamo finiti nel paradossale stato di stupidità di paralare e discutere del “dito e non della luna”.Il “dito” oggi sono “le bolle finanziarie”, “il populismo”, “l’antipolitica”, “l’antidemocrazia”,”l’antiumanesimo” e tutti gli “anti” possibili e immaginabili….”la luna” è “il popolo…la politica…la democrazia…la poesia ….il sapere” perduti.Nel piccolo labirinto chiamato “sinistra” si vive paradossalmente la più controversa delle crisi per il semplice fatto in questo spazio si è alimentato il più grosso degli equivoci del “lògos” autoreferente e presupponente.Si è sempre pensato di essere “il centro di gravità permenanente” che tutto sa e conosce e non teme tra le sue mura fortificate dai secoli invasioni barbariche e congiure interne.I suoi aedi o trovatori più accorti sentono di essere dentro un meccanismo strutturato non solo negli “arcana imperi” ma “i pensatori” filosofi o politologi si sono imprigliati nel narcisismo microfisico dei poteri personali come piccolo orto delle proprie vanità e certezze.E si inventano viaggi in cerca di risposte …altri evocano “terremoti” non troppo lontani nella propria “casa” incapaci di rinnovarsi e di superare la disgregazione della composizione sociale,la trasformazione economica ,culturale e tecnologica.Tutto nel gioco sado-masochista di chi si prende la responsabilità del disastro ripetendo la favola “della mosca cocchiera”.E allora o ci si ferma all’appagante e consolatoria “senza sé e senza ma” ….giaculatoria del “nemico” nei tardie epigonali fenomeni del “ fordismo, tatcherismo,reaganismo,populismo e legismo,lepenismo e trumpismo” della “sinistra sempre dura e pura” o si ripiega nel “riformismo” del tanto peggio tanto meglio degli imitatori rottamatori che pensano di imitare quelli che la stanno sconfiggendo dall’interno e dall’esterno.Alcuni più avveduti ma sempre sprovveduti conoscendo la capacità smemorativa dell’uomo contemporaneo imprigliato nelle tecnologie mediatiche credono di rammemorare i più vicini passaggi negli anni post-bellici, keynesiani socialdemocratici come l’ultimo avvertimento prima della tempesta finanziaria totaliataria e distruttiva.E allora il richiamo ai pannoloni caldi del “ riforma del welfar in senso seriamente distributivo, un riformismo di grande respiro (sic!) attaccandosi spasmodicamente alla Costituzione, alla radici, alle coerenze etiche e ideologiche.”Le cosidette èlites” nella casa della sinistra fanno inconsapevolmente il gioco del “Potere” finanziario neoliberista nel gioco della commedia delle “rane” di Aistofane litigando e contrastando gli epifenomeni vincenti del “berlusconismo, leghismo,grillismo, lepenismo,trumpismo” come i soggetti della storia presente e futura e non come “maschere farseche” dei veri “poteri forti” che guidano il carro della storia in questi ultimi tempi.Il populismo è solo il canovaccio imposto poi ognuno lo recita con le proprie parole e ci mette la faccia.Il disagio e la protesta della forma partito che in questi ultimissimi anni aveva garantito una casa alle persone impoverite, emaginate, sempre più sole si sta sgretolando dall’interno, il voto a chi denuncia è vincente a prescindere, lo tsunami porta a una deriva di massa nei valori e negli argomenti della destra neoliberista che sta giocando la sua ultima mossa per “lo scacco matto”. Le scosse sono ancora di avvertimento e di assestamento….la faglia esplode e il terreno è ancora capace di trovare un assestamento con equilibri diversi dal passato creando macerie non ancora materiali ma profonde antropologicamente senza morte e disastri ambientali.Ma siamo lì lì davanti a un burrone a cercare gli stimoli per sopravvivere e di vivere in controtendenza.Come …..cercando di vivere dai margini dell’Impero la politica “teknè politikè” rappresentando sempre le persone e i gruppi sociali in sofferenza , raccontare sempre la verità non la verosimiglianza interpretando i ruoli che l’establishement ci impone….evitare di ricreare nuove contraddizioni irrisolvibili democraticamente nella consapevolezza e responsabilità.Questo si chiede ai governanti e non è poco….dare un senso provvisorio e corretto anche alla “teknè politikè” parlando di Europa ed occidente non come la panacea ma con discorsi onesti, netti , coerenti e radicali legati alla realtà effettuale e non ideale.Tutto questo sapendo che c’è un senso più vero e quotidiano della Politica-Politèia pur essa legata alla formalizzazione del meglio e non dell’ottimo.L’ideale e il reale che si fanno modello istituzionale nelle Costituzioni che vanno rispettate e non adorate fideisticamente come totem o tabù eterni e immutabili. Infine la “politica” come vita quotidiana dei valori dell’uomo che non si fanno universali e necessari per perdere “l’anima” dell’uomo nella vita nel mondo naturale e artificiale .” la grande vita che si nasconde e resiste” nei piccoli gesti, nelle piccole cose, nelle piccole parole della poesia, nei piccoli paesi e comunità del silenzio e dell’abbandono vitale.La politica di una “vita activa” libera e consapevole che si fa contaminare dalle “communitas come dono-munus” inclusivo ed altruista non dalle “immunitas” come rifiuto e isolamento patologico esclusivo.Questa commino l’ho incrociato nei tratturi della transumanza degli appennini italiani, nella “casa della paesologia” di Trevico….nelle feste comunitarie di Cairano ieri e oggi di Aliano. “Grande vita “ oltre la miseria dell’ultimo uomo dove “ognuno sia soggetto e non oggetto” di vita in direzione di un “sapere forte ma arreso” ma in direzione ostinata e contraria di ogni autorità che pretendono di farti deviare dalla realizzazione della dimensione comunitaria dell’esistenza come sradicamento come tradimento e allontanamento dai luoghi della vita intima e personale autentica. Per concludere e alleggerire il tutto torno ad Aristofane e il suo leggero auspicio per la comunità di Atene appesantita dagli apocalittici,saccenti e pesanti ammaestramenti dei “filosofi”.Auspica nella comunità un ritorno di Dioniso come doppia valenza di possibilità di salvezza per il teatro e per Atene. E lo fa dire allo stesso Dioniso : “Statemi dunque a sentire: io sono sceso quaggiù a cercare un poeta. Per farne che, direte voi? Perché la nostra città possa salvarsi e mantenere il suo teatro”.] Ma perché un poeta dovrebbe essere preferito ad altre persone, nell'ottica della salvezza della città? Risponde Euripide: “Per la sua capacità e i suoi ammonimenti, e perché rendiamo migliori i cittadini nelle loro comunità”. In altre parole, Aristofane vuole affermare che la città e la comunità per salvarsi devono essere gestita da persone oneste e corrette,visionarie e poetiche e la tragedia e la lirica concorrono proprio a creare questo tipo di persone.
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