mercoledì 10 agosto 2011

Elisir d'amore per ......"la fratta" di Grottaminarda


io sono immerso in una aurora comunitaria
non mi bastano più "i chiari di bosco"
in un autunno berlusconiano...
un'aurora poetica
di presa in cura dei piccoli paesi
degli appennini del mondo
con il sapere dell'ascolto e del silenzio
alla ricerca di una vita
di volti e luoghi
luoghi esposti e segreti
che raccolgano amori feriti .....o compressi.
"Incipit vita nova"
in un vivere poetico
alla ricerca delle parole non scritte
nell'ascolto della parola del gemito
del sussurro ....del destino
delle parole che non torneranno mai
a raccontarci il pensiero che partì
nella frammentazione dell'attenzione
e nell'icompiutezza di ogni sentimento
e ancora una volta ci mettiamo in ascolto......nelvento.....

"la fratta" di Grottaminarda
APPENNINO

La parola di oggi è Appennino. L’Italia ha una lunghissima colonna dorsale: montagne, altipiani, colline, schiene di terra che si abbassano verso il mare, in cui ogni paese è una vertebra isolata. È un’Italia alta e tortuosa, ogni paese ti sembra vicino ma per arrivarci devi fare ancora cento curve.
Questa colonna sta perdendo poco a poco la sua linfa. La gente sceglie di abitare nelle città e, quando sceglie i paesi, ha sempre cura che siano comodi e pianeggianti. Nessuno vuole stare nei luoghi più impervi, quelli dove gli inverni sono lunghi e senza turismo.
L’Appennino è l’Italia che avevamo e che rischiamo di perdere per sempre. La gente ci ha vissuto per millenni consumando quel poco che bastava a sostentarsi.
Eppure io guardo all’Appennino come alla vera cassaforte dei paesi, una cassaforte piena di monete fuoricorso. Ci sono zone in cui il paesaggio è ancora incontaminato ed è come deve essere: solitario e sprecato.
Cosa augurarsi per queste terre? Più che chiedere politiche d’incentivazione, verrebbe voglia di incentivare l’esodo, in maniera tale che tornino le selve, che la natura riassorba le folli smanie cementizie che non hanno edificato niente di bello e che non hanno portato reddito.
Una nazione con un filo di montagne disposto in tutta la sua lunghezza dovrebbe ricordarsi più spesso di questa sua geografia.
È curioso che le nostre montagne, vere e proprie palestre all’aria aperta, siano frequentate più dagli stranieri che dagli italiani.
Io credo che sia arrivato il tempo di considerare l’Appennino come il luogo in cui si raccoglie la forza del passato e quella del nostro futuro.
Dalla Liguria alla Calabria, adesso, è tutta una storia di frane e spopolamento, di vecchi dismessi e di scuole che chiudono, di paesi allungati, deformati dal valzer delle betoniere.
Forse questo è il momento di invertire questa storia, di considerare che anche in un piccolo paese è possibile una grande vita.

Nessun commento: