“Nessun vento è favorevole per chi non conosce il porto”. Seneca
La modestia e la presunzione di una comunità provvisoria  ed inoperosa sono nell’ordine del tentativo di un paradosso  concreto .Il  rischio  esistenziale,poi.  di provare a ragionare e sentire in un modo originale e  diverso anche il  senso dell’etica classica dello stesso  Seneca  facendolo “politico” è quasi un miracolo. Tutto questo  nello spirito magico della “festa”.La festa di Aliano  rispecchia lo spirito leggero,provvisorio,creativo che vuole espressamente evitare finalità,modelli,formalismi già consumati nel passato.” Un luogo per chi ha due minuti tra le dita per sè”. Un luogo dove si possa comunicare e “conversare non sotto il peso delle nostre parole e dove si possa passeggiare con la naturalezza e la leggerezza di un passero sopra il ramo” . Dove vivere  la vita e …noi che ci conficchiamo in essa istante per istante”…Ho preso in prestito le parole leggere e profonde di Franco per dare il senso di “ciò che non siamo e non vogliamo”. Aliano è uno spazio aperto di libertà,di possibilità,di occasioni, di identità singolari ed autentiche,di espressioni ,di doni,di atti e pensieri politici nello spirito del confronto e dell’incontro ‘in comune’.Comunità provvisorie ed inoperose  oltre le stesse “comunità incoffessabili” di Blanchot…”comunità che viene”di Agamben  e “la comunità sconfessata” di Nancy e l’intricata rete  che  si annoda sulle varie scritture e analisi. Il Novecento ha consumato le aporie e i disastri istitituzionali  in nome della “comunità” e alla mitologia della sua assenza  e impossibile passione  e sentimento di realizzazione una volta per tutte tra prove ed errori  della cultura politica occidentale e moderna  di coniugarla con le categorie incoffessabili   economiche  borghese  dell ‘opera. Da qui la necessità  concreta degli aggettivi “provvisorio e inoperoso”.Una “inoperosità” ….”per cui un opera non appartiene più all’rodine del compiuto, né del resto dell’incompiuto:ad essa non mamca nulla  pur non essendo nulla di compiuto” J.L.Nancy. E’ la categoria della “festa” è quella che più rapresenta lo spirito di una “comunità provvisoria ed inoperosa” che si mette in mostra col meglio di sé  e si vive  festeggiando.Una “Festa” che non è un ‘porto’ in cui stabilire preventivamente e prospetticamente ciò che è possibile fare e non fare in essa,ma sapendo che ciò che si fa e si dice può essere disfatto, reso inoperoso e provvisorio,liberato,sospeso e sopratutto liberato da un “progetto” rigido e strutturato e economicamente definito,non contrapposto alle logiche egli scopi dei giorni “feriali”,operosi e produttivi. E’ un fare e un non fare come caso estremo di sospensione. Non ci sono fini, strenne,regali,oggetti d’uso e di scambio .Bisogna ridare senso alla categoria di “festosità” sgangiata dalla ritualità,dalla ripetitività,dalla progettualità come attributo del pensare,dell’agire e del vivere. Recuperare la perdita del senso e la voglia di ‘festosità’ per non rischiare di danzare senza la musica. Una festa che non diventi progetto razionale e necessariamente ‘ingessato’ ma neanche che sia ‘liquido’,'mitico’o ’sacro’.Una  festa  che vive e rispetta  la comunità che  la ospita  e gli fa e riceve doni  gratuiti  e provvisori. Abbiamo bisogno di comunicare ’significanti’ con valore simbolico o strutturale zero e promuovere azioni,pensieri,idee, sensazioni,sentimenti e cose umane che la “Festa” svuota alleggerisce,rende inoperose,provvisorie per evitare ‘istituzionalizzazioni’ che separano,pietrificano,ricodificano,formalizzano nei classici dispositivi rituali e cerimoniali.Evitando che anche queste mie opinioni assumono il tono e il senso apodittico e presuntuoso del pensare e comunicare prescrittivo, etico e politico …. totalizzante  e autoritario di un pensiero necessariamente non democratico e non comunitario.
mauro orlando
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
