Fragilità, indifferenza e provvisorietà comune.
Nella nostra esperienza comunitaria ho messo in gioco , istruendo un processo d’amore (philìa), la stessa filosofia rea di pensare solo per conoscere invece di ricercare un modo e un senso del vivere per essere belli,buoni,giusti e felici. Una prassi quotidiana ed esistenziale non un lavoro di cervello. Partendo dalla categoria della fragilità più che della forza…della incompiutezza che della pienezza,della molteplicità più che dell’unità. Nella pratica,insomma, della felicità non cercata nelle teorie astratte ed eteronome ,logiche,etiche,metafisiche o religiose ma nelle autonome vie ,discipline,stili di vita che consentono di uscire indenni ed attivi dalle trappole e tagliole intriganti dell’esistenza. Ma una felicità che non è le tavole della legge mosaica o la legge morale kantiana dentro di noi ma….è “eudaimonia”…cura di sé come .ordine ed equilibrio dei vari demoni della nostra anima individuale e equilibri e giustizia della nostra vita in comune. Per cercare in sé stessi e nelle nostre piccole e grandi comunità un equilibirio ed una armonia capaci di difenderci e ricattarci dalla fragilità della paura ,del dolore e degli squilibri delle diversità e pluralità.La “paesologia” non come una sorta di nuova o vecchia pedagogia del senso,dell’intelletto e della ragione ma una sorta di “esercizio spirituale” attraverso cui ognuno di noi trovava la sua identità (equilibrio) personale e la sua (koinonìa) comunanza sociale con gli altri.Camminare, leggere, meditare, armonizzare la giungla dei propri sentimenti e passioni,ascoltare, fare silenzio, coltivare amicizie,dialogare nella vita concreta di tutti i giorni e nella realtà effettuale .”Scolpire la propria statua” come scriveva Plotino, non per ergerla su un nuovo e d originale piedistallo di potere ma per fare e praticare , come prescriveva la scultura greca e umanistica, opera di sottrazione,di alleggerimenti di scorie per successivi svelamenti.Scappellando dal nostro marmo grezzo ed informe tutto ciò che è falso,superficiale ed inutile che ci si è attacato col tempo culturale al nostro corpo e anima e liberare l’essenziale armonico di quel che noi veramente e autenticamente siamo. Recuperare con questa esperienza anche il senso vero della filosofia non come attività puramente teorica e speculativa ma di recupero-svelamento (alethèia) dell’idea aurorale di filosofia come conversione umanistica,guarigione ,prassi di sanità-armonia mentale. ”Fare il proprio volo ogni giorno” senza abbandonare la nostra specificità di esseri umani terrestri,”..Almeno in momento che può essere breve, purchè sia inteso.Ogni giorno una esperienza umana e territoriale come un “esercizio spirituale”, da solo o in compagnia di una persona che vuole parimente migliorare.Uscire dalla durata. Sfozarsi di spogliarsi della proprie passioni,delle vanità, ,del desiderio di rumore intorno al proprio nome. Fuggire la maldicenza.Deporre la pietà el’odio. Amare tutti gli uomini liberi. Questo sforzo su di sé è necessario, questa ambizione giusta” (Pierre Hadot) .Le idee e i concetti di questo studioso del mondo greco mi hanno fatto pensare al senso che noi vogliamo dare alla parola “rivoluzione” nella nostra esperienza comunitaria e provvisoria: “ rendercene degni” oltre che “immergerci interamente nella politica militante,nella preparazione della rivoluzione sociale”.Fragilità e provvisorietà ci aiutano non solo a resistere ma soprattutto ad essere modernamente consapevoli ed attivi. E’ l’indifferenza il peggiore dei sentimenti freddi che ci costringe in una solitudine arida e pietrificata, che nulla ha a che fare con la solitudine interiore, creatrice che riscopre la semplicità ela bellezza, ama il silenzio non come rinuncia ma come ricchezza e non ci costringe all’isolamento..Nella indifferenza si inaridisce e si esaurisce una qualsiasi comunità provvisoria interpersonale o di destino che riuscirebbe per incanto anche a rendere vivibile e degno di pensiero…. una vita vissuta anche nella dolore, al margine, nella provvisorietà ,nell’angoscia ,nella sofferenza o nella disperazione per contrastare un nihilismo disperato verso un confortevole passato o un inquietante futuro.Una vita degna di essere vissuta per la sua naturale vitalità e che vede anche solo nel dono gratuito della amicizia (philìa) un possibile superamento dei labirinti consapevoli e inconsapevoli del nostro ego che ci possa far vivere anche il dolore e la sofforenza ,la fragilità, il morire e il nascere nostro ed altrui come qualcosa che ci interessa molto da vicino come un destino comune anche in cui siamo coinvolti anche noi.Una comunità del cuore che va oltre la comunità di cura o di lotta in cui siamo capaci di capire e convivere come nostra anche la fragilità, la difficoltà, la sofferenza degli altri. Un destino comune come esperienza complessa,difficile, affascinante ma anche inquietante. In questo senso mi inquietano e mi affascinano le parole profonde e sofferte della Elda e nel mio caso mi incitano a continuare con testardaggine e ripetitività a vederle necessariamente inserite nel percorso della nostra esperienza comunitaria in Irpinia anche a costo di testate di incomprensioni , dolorose e insopportabili. Per non cadere in un solipsismo nobile e degno che non ci costringe ad inventare,sognare e cercare vie di uscite dignitose in un mondo culturale e politico che ha perso il bandolo umanistico della suo essere vivibile.Ed ho pensato ad un riferimento umano e storico che mi confortasse non solo con bellissime e profonde parole ma con azioni e fatti storici che veramente hanno determinato situazioni e cambiamenti “rivoluzionari” interiori ed esteriori…..
mauro orlando