sabato 10 gennaio 2009

Elisir d'amore per ..........le anime di tutti i caduti.



Le anime dei caduti

I
Le pesanti palpebre della Notte
si chiusero sopra di me
solitario sul Rostro dell’Isola
al Vortice vicina –
cavernosa, spoglia, grinzosa.
Nel buio e nel silenzio lo spirito su di me
m’esortava al quieto meditare.
II
Non spirava alito di vento
sulla piana superficie del mare,
lungo i fianchi della rupe sporgente,
sul limo della riva sabbiosa,
sul pendio coperto di gramigna.
Alla base del Rostro v’era tregua
nel perenne incrociarsi di correnti.
III
Ed ecco dal lontano Sud mi parve
avvicinarsi un frullo d’ali mosse
da libellule di potenti vanni dotate,
o da smisurate falene:
sommesso, morbido fruscio,
come se fosse d’incorporee cose.
IV
Giunse alla rupe e qui si fermò
schiera di spiriti privi di forma,
appena intravisti nel buio.
Le incorporee anime che nessuno
avrebbe potuto toccare né trattenere,
posarono sul ripiano
accanto a la turrita lanterna
vista da lontano dai naviganti in alto mare.
V
Li udìi dire: – A casa! –
Erano le anime di quelli che a sud,
in una terra sotto il Capricorno,
andarono a combattere.
Preso da sacro timore m’avvicinai,
attento, trattenendo il respiro.
VI
Poi venne da nord
una spiritale fiamma,
eminente a vedersi, d’un tenue colore
simile a quello della schiera.
Accostandosi a questa, disse:
“Siete voi, uomini miei?”
Ed essi risposero: “Sì!
torniamo a casa, al nostro focolare
a festeggiare la nostra fama!”
VII
“Volai a casa – diss’egli – prima di voi.
I famigliari vostri stanno bene,
ma pensano meno alle gesta di guerra e alla gloria
che a cose più care.”
“Cose più care?” gridarono quelli
provenienti dal regno dei morti
“Di che parlano allora?”
VIII
“Alcune madri meditano tristi
e sussurrano vicende di quando eravate ragazzi –
e ricordano episodi curiosi
dell’innocente vostra infanzia.
Altre pregano che, prima di morire,
la vostra fede sia divenuta più ferma
e più intensa la gioia.
IX
Un padre riflette:
– L’avessi avviato ad umile attività
smorzando così il vigoroso suo fuoco
e l’appassionato anelito guerresco!
Oh, non gli avessi raccontato allettanti storie,
stimolo a questa terribile crociata! – ”
X
“Generale, stanno salde le nostre fidanzate
che giurammo fedeli come colombe?”
“Molte piangono; molte pensano
che sia attraente adornarsi
con vesti nere per ricordare eroi.
Alcuni cuori
volubili, leggeri
hanno trovato nuovi amori.”
XI
“E le nostre mogli?” disse un altro rassegnato
“Si soffermano colla mente su quel che noi facemmo?”
“Pensano ai fatti di casa, fatti che vivono ancora
freschi come nuovi –
tenerezze, bisticci –
parole d’un tempo gentili
o sgarbate –
queste, queste attraggono la loro attenzione.”
XII
“Ahimè! Sembra allora che la nostra gloria
pesi meno nella mente loro
di vecchie vicende di casa
e di eventi comuni d’un lontano passato
riguardanti le nostre vite – fatti che noi stimiamo
come insignificante parte della nostra storia
e giudichiamo cose da nulla!”

XIII
Allora alcuni amaramente dissero:
“Fu saggio alzare la pietra tombale
per sapere questo?
Andiamocene!”
Ma replicarono gli altri:
“ Fino ad oggi apprezzammo la fama,
ma ora mille volte di più apprezziamo
che i cuori dei nostri cari
ci mantengano vivi nella memoria
per gli affetti d’un tempo!”
XIV
Così parlando la schiera apparsa
cominciò a scomporsi
dando origine a due stuoli:
quelli la cui vita era testimonianza
d’amorevolezza e sincerità,
andarono verso nord, a casa;
quelli che avevano solo memorie amare
lasciarono di nuovo la terra
XV
e, volgendosi al mare,
si alzarono in schiere sovrastanti il Vortice –
sinistro luogo spettrale che inghiotte –
indugiarono
e poi s’immersero a capofitto
nelle insondabili regioni
delle miriadi di dimenticati.
XVI
E gli spiriti di quelli che decisero di tornare a casa
passarono oltre, impetuosi
come Vento Pentecostale,
e il fruscìo del loro viaggio
assottigliandosi
alla fine cessò in alto, nel cielo,
lasciando nel buio solo me
col borbottio del mare.

Dicembre 1899

Thomas Hardy, da War Poems

(Traduzione di Simone Saglia)


Nota di Simone Saglia
Fa parte di un gruppo di poesie scritte da Hardy in occasione del lungo conflitto anglo-boero in Sudafrica (1881-1902).
Le anime dei soldati caduti in Sudafrica ritornano un patria. Dopo aver attraversato la Manica giungono di notte sulla costa dell’Inghilterra e fanno una sosta su un promontorio ove è seduto, in solitudine, il poeta che assiste a questa scena soprannaturale.
Il luogo indicato è il Bill of Portland (il Rostro di Portland).
La penisola di Portland è uno stretto e breve istmo terminante con un promontorio roccioso che ha la forma del collo e della testa di un uccello e si protende per circa cinque miglia nel mare. Il Rostro, come è denominata la parte superiore, incombente sul mare, è costituito da una massa confusa di rocce. Sul promontorio v’è un faro. A tre miglia dalla costa, in un tratto di mare poco profondo, si estende una zona di mare (the Race) in cui correnti provenienti dalla Francia si scontrano con altre che provengono da nord-est.
Le correnti che qui si mescolano causano ebollizione e increspamento delle acque. Se una nave s’avventura in questa zona turbolenta rischia di essere trascinata sulla spiaggia, a ovest del promontorio, chiamata Deadman’s Bay (la Baia del Morto). Quando il mare è in tempesta le onde investono le rocce del Bill con una forza tale da provocare getti altissimi simili a geyser alti 15/20 metri. Nel corso del tempo, lungo le pareti rocciose, le onde hanno scavato caverne.
La descrizione del luogo che ne fa Hardy è accurata, realistica; tuttavia deve essere letta cogliendone i significati simbolici: la notte, la solitudine, le rocce impervie, il vortice marino sono elementi di uno scenario che prefigura un dramma.
Alla base del Rostro ora v’è una tregua momentanea nel perenne incrociarsi di correnti come per l’attesa di un evento prodigioso.
Nel paesaggio si notano elementi antropomorfi: le pesanti palpebre della Notte; il terreno scabro come il volto grinzoso di un uomo vecchio (wrinkled of face) e l’erba lungo il declivio, la gramigna simile a ispida barba (bent-bearded). È una simbologia indicante isolamento e tristezza per una precoce vecchiaia di giovani, la cui vita è stata stroncata anzitempo.
Sul mare e lungo la costa regna la bonaccia. L’arrivo degli spiriti è avvertito dal poeta, assorto e avvolto dalla tenebra notturna, solo per un rumore simile a frullo di ali. Nell’aria si odono suoni sommessi, morbidi come se fossero di esseri incorporei.
Gli spiriti si posano su un ripiano accanto al faro.
Da nord giunge una spiritale fiamma, l’anima di un Generale che chiede alle anime dei caduti se veramente sono i suoi soldati. Essi rispondono affermativamente. Nel testo si usano vocaboli come sprites e souls (“spiriti”, “anime”) ma l’atmosfera è priva di tensione religiosa; tutt’al più, se si pensa al paragone delle anime con insetti volanti dotati di grandi ali, si può pensare all’influsso di racconti desunti dal folclore. I caduti dicono: “A casa, a casa!”. Nulla di più umano e terreno. Ma li tradisce una cultura eroica, indotta dall’educazione scolastica e militare che si sovrappone a idee e ad affetti d’origine ancestrale che si ritrovano in parole come casa (home) e focolare (hearth). Pensano di essere eroi e di ritornare a festeggiare la loro gloria.
La fiamma, in cui è trasformato il Generale, potrebbe far pensare alla lingua di fuoco dello Spirito Santo che apparve a Gerusalemme ai componenti della prima comunità cristiana. Ma è solo l’anima di un generale, un uomo che in vita aveva predicato e praticato una morale ispirata al rude codice militare. In lui tuttavia è avvenuta una mutazione, una cristiana conversione per cui le parole che egli rivolge a quelli ch’erano stati i suoi soldati, mettono in luce non la gloria apparente ottenuta in battaglia, ma le cose più care che possono dare un senso alla vita: piccole vicende della loro infanzia innocente ricordate dalle madri; la fede che può dar gioia anche nel momento della morte; quiete aspirazioni di vita semplice; tenerezze, bisticci, parole gentili, vecchie storie di casa..
Alcuni dei caduti, che avevano dietro di sé solo un’esperienza di vita amara e avevano considerato la vita, vissuta nella normalità, come parte insignificante della loro storia, una cosa da nulla (rated as nought), votati alla ricerca di un fantasma allucinatorio – la gloria militare –, decidono di interrompere il loro viaggio verso casa dove non avrebbero trovato memorie care.
Riemergono nella poesia di Hardy fantasie già destate dalla pietosa musa romantica meditante in rustici cimiteri inglesi. Si pensi all’Elegia scritta in un cimitero di campagna di Thomas Gray oppure al nostro Foscolo che cantava: Sol chi non lascia eredità d’affetti / poca gioia ha dell’urna, Dei Sepolcri, vv. 41- 42).
Le anime, dannate per l’assenza di memorie, si volgono verso il Vortice che qui simboleggia il vuoto abisso ove scompare la storia umana. Si immergono nell’abisso, nella geenna, nell’erebo non solo perché spinti dalla disperazione d’essere dimenticati, ma soprattutto perché essi stessi avevano rifiutato la vita nella sua quotidiana epifania che ora essi ritengono indegna di ricordo, così come prima era inadatta ad assicurare fama (commonplace facts / Of our lives – held by us as scarce part of our story, / And rated as nought! : fatti banali / delle nostre vite – ritenuti da noi parte insufficiente della nostra storia / e considerati cose da nulla). La banalità del bene non li seduce (Fu saggio alzare la pietra tombale / per sapere questo?); quindi, come legione miltoniana di angeli decaduti s’immergono a capofitto nelle insondabili regioni ove scompaiono.
Gli altri, coloro che considerano la vita soprattutto come testimonianza d’amorevolezza e sincerità, vanno verso nord, a casa. Il loro volo, che all’inizio era un fruscio paragonabile a quello di libellule o falene dalle grandi ali, ora, alla fine di questo miracle-play, diventa impetuoso come se vi fosse un Vento Pentecostale (At 2,1).
L’aura religiosa comunque non supera il limite della similitudine poetica.
La religiosità di Hardy rimane entro i confini dell’umano. Al di là del nostro orizzonte terreno – dice il poeta – v’è il buio della notte, e suoni, sensazioni, il borbottio del mare, che, stretti dall’angoscia, ci inducono a meditare.

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