sabato 31 gennaio 2009

Elisir d'amore per ...............per un pensiero del mistero



Politica
Zagrebelsky: "Così si difende la laicità"
Olga Piscitelli

“La religione è essenziale per la nostra esistenza, ma per vivere in società, tra di noi, non ne abbiamo bisogno”. La sintesi di Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, chiude l’intervento al convegno dal titolo “La laicità...

Elisir d'amore per ......un gioco di simulazione.

........un dialogo continuo tra 'il folle' mercuzio e il suo amico 'innamorato' romeo!


Oggi sono triste …anche gli angeli avolte sono tristi! E poi io sono un angelo particolare , strano , un pò folle di una follia dolce e contagiosa. A frequentare lo zoppo......Sono troppo preso della vita degli umani ,non per i loro attaccamenti alle cose , ai soldi , alle gerarchie e quindi alla carriera.Infatti mi sembrava strano sentirti alludere al mio ‘studiare per diventare ArchAngelo”. Sono solo maldicenze e incomprensioni che cominciano a circolare anche tra gli angeli oltre che tra gli 'irpini' comunitari e provvisori. Sono triste e la tristezza come tu ben sai ,avvezzo come sei a giocare coi sentimenti e le passioni umane, non aiuta o stimola il dialogo con gli altri ma solo con se stessi. E’ giorno di monologhi , oggi. Il mio amico Zaratustra tra le sue manie di grandezza prediligeva e amava alla follia le sue solitudini , i silenzi e ,credimi, 'per abundaniam cordis' degli uomini . Dopo essersi ritirato per lungo tempo in montagna per recuperare se stesso dai rumori del mondo e degli uomini, era ritornato tra gli uomini e soleva però ripetere a quelli che incontrava “Non parlare ,canta!” Perchè nella babele dei linguaggi degli ultimi tempi aveva notato che le parole avevano perso la loro musica e che le stesse voci degli uomini erano stonate o addirittura atone.Ma anche ciò non bastava. E allora aveva cambiato il consiglio .”Non parlare ,balla!” soleva ripetere. Sorpresa delle sorprese , vedeva i corpi degli uomini e delle donne impacciati, appesantiti e goffi che avevano perso la leggerezza e la levità delle foglie o delle piume nell'aria . Ma peggio di tutto aveva notato che gli uomini avevano ingabbiata e repressa la possente e dolce forza erotica e vitale che la natura aveva benignamente dotato questa massa eterogenea di cellule , nervi e neuroni (scusami l’approssimata terminologia scientifica …è una preoccupazione un po’ stupida e sopratutto umana!)Mala tempora currunt....anche per gli angeli e peggio per gli ArchAngeli!
Un altro nostro comune amico poeta che ama i viaggi nel cratere ed ha coltivato la sua anima nell’inquietudine del vento forte tra Lecedonia e Candela, ieri a Milano parlava melodioso,rufiano e accattivante a una platea di donne adoranti e ammliate e alla fine mi ha autografato un suo libro con queste sensibili e amichevoli parole “ …a M. …. che sa la musica delle parole e della terra” .Ah i poeti che strane creature oltre alla truffa conoscono le trame e le corde dei sentimenti caldi e mi ha commosso .Come vorrei che le sue parole fossere veritiere! Ma i poeti conoscono come noi angeli talmente bene i limiti e le esigenze dei propri simili che in questi ultimi tempi di crisi cominciano a togliere molto lavoro e impegno al nostro mestiere di cura e di guida degli uomini nelle difficoltà e sofferenze in cerca di amore e di gioia. In questi ultimi tempi anche i cosiddetti ‘clown ‘ ci insidiano e si danno da fare e si stanno organizzando a tale scopo . Ma i poeti sono più vecchi del mestiere e la gara mi risulta molto difficile e la vittoria di non facile previsione.Come vedi le parole mi hanno distratto dalla mia tristezza e malinconia E vedo e sento un bel sole tiepido e caloroso e una sensazione molto bella …..sento come se fosse giunta la primavera ! E siccome non so cantare e danzare mi viene voglia di brucare!

Elisir d'amore per ..........il canto.


Maria Callas. Tosca


"Non parlare! Canta!
Nietzsche

venerdì 30 gennaio 2009

lunedì 26 gennaio 2009

Elisir d'amore per ......il diritto al sentimento.

G. Verdi, La traviata ,preludio al 1 atto.



La Traviata è quella che è perchè non esiste nel teatro d'opera un personaggio più affascinante ,misterioso ,impossibile e seducente di Violetta.No è una semplice donna ma la donna per eccellenza,contraddizioni comprese: santa e puttana, ammaliante e buona, adolescente e adulta. Come Venere , come Manon, come Marilyn, come Lulu...non fai ancora in tempo a chiederti perchè e hai già perso la testa e alla fine ti chiedi se esiste davvero e se te la sei solo sognata.
La sua musica non sarà delle più belle mai scritte ma è dentro di noi e non se ne prescinde.Essa ha dato il nome- in italiano- a sentimenti, gesti ed espressioni. La "Traviata" è la nsotra lingua muiscale e sentimentale di italiani.
L’opera ha continuato il suo cammino straordinario di spettacolo-totale, perfetto incontro di tutto ciò che gli Italiani chiedono per riempirsi di emozioni di ogni tipo, e continuerà a rappresentare lo specchio di questa nazione sacra e profana, collettiva e individualista, sensuale e puritana, riproducendo in fiction quel che tutti anelano dal reale. L’opera è la vera, l’immensa “lanx satura”, la realizzazione di un’unità più desiderata che vissuta, la celebrazione di una lingua che solo otto italiani su mille conoscono e che molti proprio attraverso essa impareranno.L’opera rappresenta tutte le classi della società italiana, immerse nella stessa passione elementare autorappresentativa e autocelebrativa. Nell’opera gli italiani si specchiano, si vedono, riconoscono i loro modi di affrontare l’esistenza, di pensare, di agire, riconoscono di essere fortemente simili. Laddove (a differenza di Francia e Inghilterra che l’avevano assorbita dal passato, dal folk, dal popolare), in Italia non esiste una tradizione unitaria che tutti accomuni, l’opera, in ritardo, compie questa unificazione dall’alto al basso.

domenica 25 gennaio 2009



E' vero che dalla finestra non riusciamo a vedere la luce perchè la notte vince sempre sul giorno e la notte sangue non ne produce.E' vero che la nostra aria diventa sempre più ragazzina e si fa correre dietro lungo strade senza uscita.E' vero che non riusciamo a parlare e che parliamo sempre troppo.
E' vero,sputiamo per terra quando vediamo passare un gobbo,un tredici o un ubriaco.
O quando non vogliamo incrinare il meraviglioso equilibrio di un odiosità senza fine di una felicità senza il peggio.
E' vero che non vogliamo pagare la colpa di non avere colpe e che preferiamo morire.
Piuttosto che abbassare la faccia,è vero,cerchiamo l'amore sempre nelle braccia sbagliata.
E' vero che non vogliamo cambiare il nostro inverno in estate,è vero che i poeti ci fanno paura.Perchè i poeti accarezzano troppo le gobbe,amano l'odore delle amarmi,odiano la fine della giornata.Perchè i poeti aprano sempre la loro finestra anche se noi diciamo che è una finestra sbagliata.
E' vero che non ci capiamo,che non parliamo mai in due la stessa lingua.
E abbiamo paura del buio e anche della luce,è vero,che abbiamo tanto da fare che non facciamo mai niente.
E' vero che spesso la strada sembra un inferno,una voce in cui non riusciamo a stare insieme,dove non riconosciamo mai i nostri fratelli.E' vero che beviamo il sangue dei nostri padri e odiamo tutte le nostre donne e tutti i nostri amici.
Ma ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro,far l'amore e rotolarsi per terra.Ho visto anche degli zingari felici in piazza Maggiore a ubriacarsi di luna,di vendetta e di guerra.
Ho Visto anche Degli Zingari Felici - LUCA CARBONI


Elisir d'amore per .....il rispetto dell'uomo prima del rispetto delle parole.


Art. 15 Libertà di credo e di coscienza
1 La libertà di credo e di coscienza è garantita.
2 Ognuno ha il diritto di scegliere liberamente la propria religione e le proprie convinzioni filosofiche e di professarle individualmente o in comunità.
3 Ognuno ha il diritto di aderire a una comunità religiosa, di farne parte e di seguire un insegnamento religioso.
4 Nessuno può essere costretto ad aderire a una comunità religiosa o a farne parte, nonché a compiere un atto religioso o a seguire un insegnamento religioso.


John Locke
La libertà di coscienza e di culto

"Le credenze speculative e [...] gli articoli di fede, che non richiedono null'altro, se non di essere creduti, non possono essere in nessun modo introdotti in una chiesa per opera della legge civile. Che cosa si ottiene, infatti, a sancire con una legge civile ciò che non può essere eseguito neppure da chi vorrebbe eseguirlo con tutte le sue forze? [...] Inoltre il magistrato non deve proibire che le opinioni speculative, qualunque esse siano, vengano professate e insegnate in qualsiasi chiesa[...]. Se un cattolico romano crede che sia veramente il corpo di Cristo ciò che un altro chiamerebbe pane non arreca nessun torto al suo concittadino. Se un ebreo non crede che il Nuovo Testamento sia parola di Dio non per questo altera i diritti civili. Se un pagano non crede né nell'uno ne nell'altro Testamento non per questo deve essere punito come cittadino disonesto. Si creda o non si creda in queste cose, il potere del magistrato e i beni dei cittadini possono restar salvi ugualmente.
(John Locke, Epistola sulla tolleranza, in Id., Scritti editi e inediti sulla tolleranza, a cura di C. A. Viano, Taylor, Torino, 1961, pp. 136-138
)

In uno stato democratico è l'individuo-cittadino titolare della sovranità. Il cittadino Englaro ,pertanto, fa bene a scegliere una soluzione ai suoi rapporti conflittuali con lo Stato e le sue leggi non in termini di conto o tragedia personale ma in forma pubblica.In questo modo essa assume quasi un forma pedagogica e un senso universale. Lo stato ed i suoi temporanei ministri devono solo interpretare e rendere eseguibile i suoi principi fondativi e costituzionali.La Chiesa secondo le norme costituzionali deve ribadire con forza e in ogni cisrcostanza la sua "libertà di credo e di culto" ,ma evitare altresì di stabilire con i suoi fedeli una sorta di "obbligazione di appartenenza" che creerebbe una forzatura,prescrizione o ordine a un loro ruolo pubblico e compito professionale condizionato primaditutto dalle proprie convinzioni religiose.
Lo stato moderno,democratico, laico nasce necessariamente autonomo e libero da qualsiasi Chiesa o da una Chiesa in particolare garandendo la loro libertà "nello" Stato e applicando alla lettera una distizione fondamentale tra la legge del creatore e la legge delle creature. Dove non è per principio e inderogabile la superiorità della legge di Dio a quella dell'uomo.
Le leggi mondane e civili di uno Stato di diritto positivo non sono di per sè contronatura se cosntrastono o divergono dai principi di fede di una chiesa particolare. E' per questo che bisogna evitare il più possibile quindi la funzione civile e politica della religione e promuovere e garantire la religione delle persone evitando al cittadino di vivere in modo conflittuale la contraddizione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio nel suo comportamento pubblico e non solo nelle sue convinzioni private.
La democrazia non deve risultare carente eticamente se non ha sudditanza o non fà riferimento ad una presunta verità naturale o metafisica.
Per la Chiesa deve sempre risultare più importante l'amore per gli uomini piuttosto che della osservanza dei principi.Gesù non aveva dubbi " chi fra voi , avendo una sola pecora, se questa gi cade in un fosso nel giorno di sabato, non la prende e non la tira fuori? Ora , un uomo quanto vale più di una pecora? Dunque è permesso far del bene in giorno di sabato" (Matteo cap 12).
Lo stesso concetto ritorna in Kant là dove scrive che " la morale è fatta per l'uomo ,non l'uomo per la morale".

sabato 24 gennaio 2009

Elisir d'amore per .....un vento forte che viene dall'Irpinia.

la piazza degli altri
Guardala, la terra è più tenera del cielo.
Non restare tutta la vita
con le unghie conficcate nella tua anima
o in quella degli altri.
Porta il tuo paese in testa
come si porta l’immagine dell’amata.
Esci, vai nella piazza tua o di un paese vicino,
vai nella piazza degli altri,
mai ti mancherà una bella vista
.






Vento forte al ..........N O R D.
Cologno Monzese
“Martedì 27 Gennaio ’09 nei locali della scuola elementare
di Viale Lombardia alle ore 18,00
incontreremo il poeta Franco Arminio
per presentare il suo ultimo libro di
“Vento forte da Lacedonia a Candela”
Seguirà un piccolo rinfresco.”

Milano
Le radici sono nel sud - L’Irpinia con gli occhi di un paesologo Giovedì 29 gennaio 2009, ore 20.00, via Paladini 8.”Franco Arminio, paesologo, poeta, videomaker e scrittore, presenta il suo ultimo libro Vento forte tra Lacedonia e Candela (Laterza) insieme al critico Marco Belpoliti. Nella serata verranno anche proiettati video che raccontano in modo impassibile e divertente l’Irpinia orientale, una regione dimenticata d’Italia”.

Asti
Mercoledì 28 gennaio 2009, ore 20.00
A cura di Nomadi e stanziali, presentazione del libro nella storica sede del Diavolo rosso.
A seguire piatti della tradizione irpina.

Torino
Sabato 31 gennaio 2009, ore 18.00
librairie dela francophonie. Via San Massimo 9/A
Arminio, Borriello, Forlani, tre libri per una sera

Elisir d'amore per .......una pittura come "martirio di gioia".



L'arte è come bere un bicchiere di vino

intervista a Gaetano Orazio, di Gennaro Mele

Nell'immediato dopoguerra, nell'arte si è verificata una profonda rottura con il figurativo e si sono avviate delle ricerche che hanno avuto come oggetto la materia, l'azione, il gesto. Oggi, invece, pare esserci un ritorno regressivo al figurativo. È da ritenersi un fenomeno di ripiegamento o un momento di ulteriore evoluzione delle indagini artistiche?

Innanzitutto metterei in risalto due aspetti riguardo l'immediato dopoguerra: il contatto con l'America, ovvero l'America che è venuta direttamente da noi per "salvarci", e il "dio che è morto" nei campi di sterminio. Dunque un momento di insicurezza e frantumazione che però ha dato dei risvolti positivi. L'artista ha cominciato a prendere una posizione coraggiosa di indagine diretta e personale della verità e non ad accettare dei dogmi imposti dall'esterno. L'introduzione del "sistema mercato all'americana" nel mondo dell'arte, poi, ha contribuito ad influire negativamente in tale indagine.Sono convinto che si continui a fare arte, malgrado la gran confusione. E ciò è dovuto, paradossalmente, al fatto che, malgrado lo stato di benessere diffuso che l'occidente ha raggiunto, vi sia una condizione forte e diffusa di insicurezza: la nostra società ha paura di perdere i privilegi raggiunti. Ed è proprio nelle fasi di maggiore inquietudine che aumentano gli stimoli per mettersi direttamente in gioco.Per essere più chiaro. L'artista in quanto individuo, in questa fase storica, per tutta una serie di meccanismi del sistema, vive una crisi drammatica della qualità. C'è effettivamente un recupero del "linguaggio perduto", il figurativo: ovvero mancano quelle condizioni estreme, come può essere una guerra, che spinga a porsi delle domende e a manifestare le proprie posizioni, e quindi ad avere il coraggio di intraprendere dei percorsi del tutto nuovi e antitesi ai precedenti.

Elisir d'amore per .....................A r n o l d o

D I O
Sull' albero che ti guarda
c' è sempre
un uccello bianco
che ha dimenticato tutto.





28 giugno 2008, inaugurazione della "Porta di Lampedusa - Porta d'Europa"

giovedì 22 gennaio 2009

Elisir d'amore per .......une vie en rose.

Edith Piaf - La Vie En Rose



Si affaccia una nuova epoca,lontana da catastrofismi e finte apocalissi.L’uomo nuovo amerà giocare.Addio alle teorie finalistiche del tempo e dello spazio, senza rimpianti!
Non ci sono più stelle polari ad indicare rotte perdute o bauli nei soffitti con i diari di tutti i nostri sogni e i paradisi perduti nei nostri viaggi .Tutto è perduto e perciò tutto è guadagnato.Il labirinto della ragione è stato infine spazzato via dallo scirocco dei sensi soffiato da Dioniso .Il dio più antico,Cronos, è morto.Il mondo torna ad essere “un divino lancio di dadi”.

Elisir d'amore per .........due voci liriche che parlano del meridione.

la lirica di Mascagni

Cavalleria rusticana

.........e la lirica di Arminio.

.......Salgo ancora, arrivo in un bosco, la Lucania non è terra di grandi folle ed è il luogo giusto per oggi. Ripenso alle persone incontrate, a tre giovani donne in un bar, a un operaio che lavora alla vicina Fiat di Melfi, ripenso al fatto che nei due bar in cui sono entrato c’erano le foto della festa degli anziani fatta qualche mese fa. Mi è parso un segno che in questo paese la vecchiaia è una cosa che nessuno aborrisce, una cosa accettata con clemenza.

Oggi non ho avuto appuntamenti col panico, forse gli abitanti del luogo mi hanno trasmesso il loro quieto sconforto. Ci saranno anche qui i campioni del rancore e della maldicenza, la Lucania è terra di gente solitaria, poco propensa a fare gruppo e a incoraggiare i suoi figli migliori, ma sono storie che ti feriscono quando vuoi che ti feriscano. Adesso io posso accogliere solo silenzi, porte chiuse, anime leggere, non ho spazi in me per i rumori tipici dell’epoca. Sento che la vita giusta per me è andare in paesi come San Fele, da solo o con anime randagie. Oggi ho capito che forse comincia a nascere un sud che ormai dispera di ricevere attenzioni e cure e proprio per questo diventa pura poesia, torna selva, paesaggio, torna acqua che scorre, un sud ormai che neppure ci fa caso agli imbrogli di chi lo conduce, un sud che si sgretola e torna luce.

Elisir d'amore per ..........un mondo che forse è solo nel nostro cuore di due irpini illustri.

passeggiatori

si sono consacrati all'astuzia
i passeggiatori della domenica mattina.
il loro pensiero è come il muso
sul muso delle vacche.
camminano nella piazza strofinata
dall'aglio, puntano il bossolo
del loro cervello
contro ogni cosa, contro
la rosa, la stella
senza centrare né questa
né quella.
di franco arminio

C'eravamo tanto amati: Piazza di Spagna

martedì 20 gennaio 2009

Elisir d'amore per ......la repubblica democratica e antifascista

La storia comincia con l’uomo che dà una traccia al mondo” .Prima di tutto è “un piatto di grano”, diritto alla sopravvivenza, a mangiare , a nutrirsi, avere un amore , un lavoro.
Una storia laica ma anche racconto di una fede dell’uomo in pace…con se stesso e con gli altri uomini, con il mondo e le cose “ Noi siamo dalla parte della storia”
Anche ”il cuoco di Salò” è una canzone della storia, non una canzone politica, ma scenica, teatrale di rappresentazioni di personaggi, di visioni, di sentimenti . Il protagonista è uno qualunque, un personaggio da commedia dell’arte. Una lettura o racconto della storia da parte di un gregario, un avventizio, un marginale. Siamo nella tradizione della migliore commedia italiana . Vedere per esempio la sensibilità e l’atmosfera del film" “Una giornata particolare “ di Ettore Scola.
La tecnica comunicativa è di far parlare un altro al posto nostro “un ingenuo” a cui tutto è concesso. C’è il crollo del Fascismo, momento storico drammatico, denso, duro, doloroso, caotico. Un discorso sulla Resistenza e dalla parte della resistenza vittoriosa sarebbe stato scontato. Qui siamo di fronte al “revisionismo” vero . Non è il vero responsabile a parlare e a fare la storia ma la sua storia e la stria è quella vera. E’ la sindrome del “tassista” Il mondo vista dal taxi . Come raccontare la storia degli anni sessanta americana dal De Niro di “Taxi driver” di Martin Scorzese . Per il cuoco di Salò il mondo è esattamente quello che vede dalla sua cucina. Il resto è marginale: la guerra, la resistenza, la politica. La storia è la sua giornata normale e abitudinaria.
Solo il coro che canta come le antiche tragedie greche ha il compito di dare il senso di obiettività straordinaria e di tragedia “qui si fa l’Italia e si muore” ripetuto per tutta la canzone ma solo artificio comunicativo e teatrale senza la pretesa di dare l’interpretazione giusta ed obiettiva dei fatti della storia da raccontare.
Grande pietà e comprensione e una presa di posizione possibile e legittima “dalla parte sbagliata si muore”.
Alla fine è la storia stessa “ che dà torto e ragione”. Infatti gli eroi muoiono dalla parte giusta.
Commedia e tragedia assieme dicevamo. Anche il ‘messo’ di Edipo è meglio del cuoco di Salò, ma è sempre è sempre un protagonista minimo. Come gli ‘osti ‘del Manzoni.



F.DE GREGORI . IL cuoco di Salo


Perchè non possiamo rivalutare Salò
di giorgio Bocca

La notizia è di ieri. Dopo il presidente emerito della Corte costituzionale Giuliano Vassalli - arrestato e torturato dai fascisti - e Armando Cossutta, anche due ex presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Oscar Luigi Scalfaro, bocciano il disegno di legge con il quale la maggioranza tenta di equiparare partigiani, militari e deportati ai repubblichini di Salò sotto un fantomatico simbolo definito "Ordine del Tricolore".
Ciampi e Scalfaro, in un messaggio inviato all´Anpi spiegano che la proposta del centrodestra è in contrasto con la verità e la realtà storica e dimentica che la Repubblica di Salò appoggiò con la sua azione la causa del nazismo, contro la quale combatterono le forze armate italiane.
Ritorna così ancora una volta, con una tenacia impressionante, la questione della parificazione fra gli ex combattenti di Salò e gli ex partigiani. E per l´ennesima volta cerchiamo di chiarire i termini della questione. La pacificazione nazionale fra i combattenti di tutte le guerre è un dato di fatto che risale ai primi giorni della Repubblica democratica.
L´ammissione al voto dei neofascisti del Movimento sociale italiano, il fatto che nel Parlamento italiano fossero presenti anche coloro che avevano combattuto per la Repubblica di Mussolini, alleata fino all´ultimo con la Germania nazista, chiudeva il discorso sulla pacificazione. Anche gli ex fascisti avevano il diritto di essere rappresentati.
Altra cosa è la parificazione che dovrebbe avvenire in un ordine dei combattenti, una sorta di partito al valore militare superiore ai partiti politici. Su questo il giudizio degli ex partigiani e dei democratici non può che essere di netto dissenso.
La pacificazione ha reso tutti i cittadini italiani eguali nella partecipazione politica e la prova è che ex fascisti sono presidenti della Camera, o sindaci di grandi città, e che nello spirito della pacificazione è stato quasi sempre dimenticato l´obbligo legale di proibire l´apologia del fascismo.
Ma pretendere di riunire in un ordine militare nazionale, un ordine della Repubblica democratica, combattenti per la libertà e combattenti per il nazifascismo pare una inutile provocazione, una prova che c´è un fascismo superstite. Un fascismo che, approfittando della situazione politica favorevole, vuole ritornare sulla scena italiana con tutti gli onori
.

lunedì 19 gennaio 2009

Elisir d'amore per ...........me stesso.

Buon compleanno ........a me stesso!






Sono un uomo concepito "con peccato e con amore" ( 19 gennaio 1945 !!!) nelle terre della "verde Irpinia" e precisamente a Grottaminarda (av)."Genua et Padua me rapuere.....nunc tenet Desenzano del garda ...paeneinsularum insularumque ocelle". Ho avuto ,come tutti gli umani, una storia in prima persona che comincia in terza persona.All'inizio ero una cellula,poi sono stato un embrione e infine un infante.Poi sono diventato io, con tutto ciò che questo ha comportato di triste e di entusiasmante, di bello e di brutto, di intelligente o normale... .comunque di tante esperienze che al limite mi fanno essere molto contento di me stesso.Al punto che spero solo che nella vita chi mi ha conosciuto o frequentato possa dire "...nonostante tutti i suoi difetti con lui non mi sono mai annoiato !".Ho combattuto aspramente per liberare i diritti dell'immaginazione , del gioco e del sogno dal dominio della filologia , della retorica , dalla tirannia del "logos",dal condizionamento della "Storia Universale" e ...perfino dall'amorevole oppressione o corrucciato silenzio di un Dio autoritario e prescrittivo. Io sono uno per il quale capire è stato sempre più importante di sapere.Sono come tutti mortali "doppio" con il pregio che metà di me non sopporta l'altra e cerca disperatamente alleati.Sino ad aoogi sono vissuto appartato e discreto ma mi ripometto da oggi in poi di vivere in corsivo in modo autentico ma senza la purezza e la spocchia della originalità.

.....e mi dedico questa canzone:

Roberto Vecchioni - A.R.


domenica 18 gennaio 2009

Elisir d'amore per .......due poeti 'fragili'


Sally - Fabrizio De Andrè (da "La strada" di F. Fellini)


Mia madre mi disse - Non devi giocare
con gli zingari nel bosco.
Mia madre mi disse - Non devi giocare
con gli zingari nel bosco.

Ma il bosco era scuro l'erba già verde
lì venne Sally con un tamburello
ma il bosco era scuro l'erba già alta
dite a mia madre che non tornerò.

Andai verso il mare senza barche per traversare
spesi cento lire per un pesciolino d'oro.
Andai verso il mare senza barche per traversare
spesi cento lire per un pesciolino cieco.

Gli montai sulla groppa sparii in un baleno
andate a dire a Sally che non tornerò.
Gli montai sulla groppa sparii in un momento
dite a mia madre che non tornerò.

Vicino alla città trovai Pilar del mare
con due gocce d'eroina s'addormentava il cuore.
Vicino alle roulottes trovai Pilar dei meli
bocca sporca di mirtilli un coltello in mezzo ai seni.

Mi svegliai sulla quercia l'assassino era fuggito
dite al pesciolino che non tornerò.
Mi guardai nello stagno l'assassino s'era già lavato
dite a mia madre che non tornerò.

Seduto sotto un ponte si annusava il re dei topi
sulla strada le sue bambole bruciavano copertoni.
Sdraiato sotto il ponte si adorava il re dei topi
sulla strada le sue bambole adescavano i signori.

Mi parlò sulla bocca mi donò un braccialetto
dite alla quercia che non tornerò.
Mi baciò sulla bocca mi propose il suo letto
dite a mia madre che non tornerò.

Mia madre mi disse - Non devi giocare
con gli zingari del bosco.
Ma il bosco era scuro l'erba già verde
lì venne Sally con un tamburello.

sabato 17 gennaio 2009

Elisir d'amore per ..........tutti gli 'Alì' del mondo.





Alì dagli occhi azzurri
Essi sempre umili
Essi sempre deboli essi sempre timidi
essi sempre infimi essi sempre colpevoli
essi sempre sudditi
essi sempre piccoli,
essi che non vollero mai sapere,
essi che ebbero occhi solo per implorare,
essi che vissero come assassini sotto terra,
essi che vissero come banditi in fondo al mare,
essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo,
essi che si costruirono leggi fuori dalla legge, essi che si adattarono a un mondo sotto il mondo
essi che credettero in un Dio servo di Dio,
essi che cantavano ai massacri dei re,
essi che ballavano alle guerre borghesi,
essi che pregavano alle lotte operaie...
... deponendo l'onestà delle religioni contadine,
dimenticando l'onore della malavita,
tradendo il candore dei popoli barbari,
dietro ai loro Alì dagli occhi azzurri
- usciranno da sotto la terra per uccidere -
usciranno dal fondo del mare per aggredire
- scenderanno dall'alto del cielo per derubare
- e prima di giungere a Parigi
per insegnare la gioia di vivere,
prima di giungere a Londra
per insegnare ad essere liberi,
prima di giungere a New York,
per insegnare come si e' fratelli
- distruggeranno Roma
e sulle sue rovine deporranno il germe della Storia Antica.
Poi col Papa e ogni sacramento
andranno su come zingari verso nord-ovest
con le bandiere rosse di Trotzky al vento...
pier paolo pasolini
" Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa , non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi
Lungo le sponde del mio torrente
voglio che passano i lucci argentati
non più i cadeveri dei soldati
portati in braccia dalla corrente"
Fabrizio De André. La Guerra Di Piero.1969

giovedì 15 gennaio 2009

Elisir d'amore per .......le lettere d'amore.

UNA LETTERA
di franco arminio


Ti prego, scrivimi,
te lo chiedo oggi davanti al nulla
o a dio, te lo chiedo
in nome di tutti i morti
In nome della mia e della tua morte
te lo chiedo per tutto quello che c’è stato
E ci sarà, per tutto il male e tutto il bene
Per le lacrime e le gioie.
Ti prego, accogli in qualche modo,
rivolgimi lo sguardo, puoi pensarmi
come un verme, puoi sentirmi più lontano
di una stella, ma adesso ti chiedo
di guardarmi, di aprire la tu voce
di muoverla come si muove il vento,
dai, ti prego, in nome del silenzio in cui saremo
per sempre, in nome della mia indegna
Fratellanza, dei miei imbrogli, mandami una parola
qualunque parola tua contiene il mondo,
sento il sangue che mi vuole uscire dalla testa
sento la vita che vuole andarsene, ti prego
scrivimi, ti prego scusami anche per questa preghiera
per questa perenne indegnità della mia vita,
sto piangendo per l’amore mai dato e mai trovato
per gli inganni che ho compiuto,
ti prego piangi con me, piangi per questa verità
che piange tra le mani, per questa sedia rotta
su cui stiamo seduti,
vieni da me come una madonna,
come una cagna adirata, come un passero impaurito,
non mi serve più niente, non ci serve più niente,
ti bacio anche se non mi scrivi, bacio la vita di tutti
abbraccio i nostri continenti, i nostri alberi, i nostri mari,
Vado con te e con tutti, mi lascio andare, lascio le fabbriche
del presente e dell’eternità, eccomi
ecco il mio corpo, ecco il pane e le ferite,
ecco il tempo che non sappiamo cosa sia
eccoci tutti dentro un’anima sola,
siamo nella stessa bara
nello stesso sorriso,
non conta nulla
ciò che vogliamo, non conta nulla
la gioia e lo sgomento
se non preghiamo
se non sentiamo
che ogni attimo è un testamento.
Roberto Vecchioni - Le lettere d'amore
" Un uomo potrebbe , se possedesse la vera saggezza, godere dell'intero spettacolo del mondo da una sedia, senza saper leggere, senza parlare con nessuno, solo con l'uso dei sensi e con un'anima incapace di essere triste"
Fernando Pessoa

Ferdinando Pessoa. Poeta autentico,paradossale, contradittorio, come franco, che osava “fingere che è dolore/ il dolore che davvero sente" . Sapeva cantare la solitudine delineandola e ingabbiandola nell’arroganza della separatezze e nella sufficienza della comunicazione per provocare anche nel lettore attento l’illusione del sentimento e della passione. Razionalizzando il sentimento senza mortificare la passione.Autenticità delle parole poetiche di franco nel dire quello che effettivamente sente ,teme soffre e non quello che ha deciso di sentire,temere soffrire.Forse anche per provocare mai solo ammaliare i lettori abituati a sentire in modo convenzionale anche se con sincerità e disponibilità. Il poeta vero e autentico è comunque quello che ci avverte e avverte che può esistere una sicerità mistificabile e una mistificabilità sincera. E’ la poesia ….bellezza! Ma non dimentichiamoci mai di ringraziare il poeta ( e franco) per il suo coraggio di esporsi ,di mostrarsi senza infingimenti e maschere ma solo con paradossi.

mauro orlando

mercoledì 14 gennaio 2009

Elisir d'amore per ..........la poesia del corpo.

"Mi chiamo antonella bukovaz, il mio cognome significa "colei che vive nei pressi del faggio", bukev è faggio ma al femminile bukva è libro, quaderno.... vivo a topolò-topolove luogo di pioppi sul confine italo-sloveno dove sentieri come serpenti avvinghiano montagne tonde come mammelle...grandi madri di gente che porta con se nomi di alberi, di ruscelli, di luoghi...è uscita per lietocolle una mia raccolta di versi dal titolo tatuaggi".


Antonella Bukovaz, Al dissolversi di un paesaggio


L'interesse per lo studio o il racconto del corpo non solo come fenomeno sociale, non più dipendente dalla tradizionale prospettiva filosofico-religiosa dell’antitesi corpo/anima, ma legato piuttosto ad una lettura antropologico-scientifica che non soddisfa a pieno le pulsioni individuali non più visti come elementi di una analisi ma solamente come una espressione radicale di un "io" finalemte corpo-anima.
Ha scritto Alessandra Violi “pur sostituendo il piacere della profondità con il godimento della pluralità eterogenea di superficie del corpo/testo testimonia comunque l’incidenza metaforico-conoscitiva del corpo leggibile fisiognomico sull’estetica e sulla retorica della modernità” (Violi 1998, p. 63).
Il corpo non è solo il luogo della violenza subita o provocata o anche il luogo della differenza e della discriminazione tra i sessi ma sopratutto il corpo come persona che racconta di sè e delle sue pulsioni vitali con parole,immagini ,voce o danza.
Prendere in considerazione il saggio di Franco Rella, Ai confini del corpo (2000) è forse il modo migliore prendere in considerazione che il corpo non costituisce semplicemente il pretesto, ma piuttosto il pre-testo per escursioni illimitate tra i campi del sapere, pur obbligando al paradossale confronto, inesorabile e continuo, con la sua finitezza non come limite ma come forza espressiva ma sopratutto esistenziale.
Il corpo ha smesso comunque di essere nemico del sapere, in età moderna, cioè di costituire l’antitesi della psiche intesa sia come anima che come mente. Come si ricava da uno studio di Adriana Cavarero, Corpo in figure con la pretesa di rimettere in discussione l'impianto tradizionale del pensiero occidentale nella stessa storia della Filosofia. Filosofia e politica della corporeità, dove si osserva che si va sempre più affermando in Italia quella corrente del pensiero contemporaneo impegnata nella paradossale arte di far parlare ciò che la tradizione metafisica e logocentrica avrebbe, invece, messo a tacere . La teoria della Cavarero, per la quale la politica sarebbe stata considerata fin dall’antichità nemica del corpo, soprattutto di quello femminile, non sfocia nell’attesa apologia di un presente più generoso nei confronti della carne e dei suoi bisogni, ma in una trasognata lettura della figura di Antigone, creata dalla penna di Maria Zambrano, e di quella di Ondina, intensamente ritratta da Ingeborg Bach.
Ma noi comunque preferiamo lasciar parlare i corpi attraverso il linguaggio poetico piuttosto che la ragione ancora con la sua pretesa di parlarci ancora della poesia o peggio sulla poesia.

martedì 13 gennaio 2009

Elisir d'amore per ..........una religione civile.

La religione civile che manca all' Italia
di vito mancuso
Repubblica — 13 gennaio 2009
Non mi risulta ci sia lingua al mondo che usi l' aggettivo della propria nazionalità per designare qualcosa di imperfetto e di furbesco, come invece facciamo noi italiani dicendo "all' italiana". C' è sfiducia verso l' Italia anzitutto da parte degli stessi italiani: quanti di noi oggi, immaginando di scegliere dove poter nascere, sceglierebbero l' Italia? La crisi però non dipende dal fatto che valiamo poco, ma dal fatto che valiamo molto, nel senso che la notevole intelligenza degli italiani è incapace di trovare un valore-guida comune. Già nel 1513 Machiavelli scriveva che «in Italia non manca materia da introdurvi ogni forma»: il nostro problema non è la materia umana, che c' è; è piuttosto la mancanza di una forma su cui modellare l' esuberanza della materia. Il problema non è il valore dei singoli, ma l' armonia tra tanti singoli di valore. Il problema, in altri termini, è "religioso", nel senso etimologico del termine religio: in Italia, a differenza degli altri paesi occidentali, manca una religione "civile", capace di legare responsabilmente l' individuo alla società. Si tratta, per dirla ancora in altro modo, di capire come mai l' Italia, ai primi posti quanto a pratica religiosa, lo sia anche per corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata e litigiosità della politica. Per argomentare il mio pensiero procedo mediante tre tesi. Prima tesi: Una società è tanto più forte quanto più è unita, e ciò che tiene unita una società è la sua religione. Con questa tesi non voglio dire che il cattolicesimo in quanto religione istituita del nostro paese sia ciò che unisce la società e che per "salvare l' occidente" anche i non credenti debbano giungere a dirsi culturalmente cattolici, come vogliono gli "atei devoti".
(leggi tutto ne' ..è la stampa bellezza)

Elisir d'amore .........per la democrazia parlamentare.

Parte seconda

Nerone canta in inglese da solo.......


Berlusconi canta in francese con Apicella

Elisir d'amore per ........la democrazia parlamentare.

Parte prima.......



Dal cesarismo romano al cesarismo meneghino e baùscia!



" E una belva, è un assassino !"
" no ...è solo malato ...nessun uomo è una belva .E' soltanto un uomo!"
da "Quo vadis" 1951

Elisir d'amore ancora .....per la democrazia .

lunedì 12 gennaio 2009

Elisir d'amore per ........un incanto.

non abbiamo la chiave
per aprire questa nebbia
così come il cane più ammaestrato
mai potrebbe sciogliere un nodo.
e allora aspettiamo che torni
il vento
cane randagio.
di franco Arminio

L’esercizio del silenzio ci consiglia la filosofia o meglio ci suggerisce perchè sin da Platone non ha amato e forse non ha mai capito i poeti fino all'assurdo di considerarli un danno per l'uomo.
La nostra soggettività moderna, costruita sulla possibilità di mirare alla parola piena e solida e alla stabilità e concretezzadell’immagine speculativa , viene messa a dura prova di slenzio davanti a tale soffusa e avvolgente profondità di sentimento e di poesia.Ancora il nostro "vizio assurdo": Esercitare il nostro logos a individuare un metodo o costruire un compito per impadronirsi delle ” chiavi
per aprire questa nebbia” o costruire labirinti mentali non per essere legato ad una roccia come ribelle ma proprio con l’intento di poterne uscire a diffrenza del ” cane più ammaestrato-che-
mai potrebbe sciogliere un nodo”.E' l’esperienza culturale di tutto il Novecento filosofico,letterario ed artistico che ha se non altro avanzato "un sospetto" che non bisogna “aspettare che torni
il vento” per alleggerire sofferenze, per costruire nuove palingenesi in terra ,di non dare definitiva importanza “nè al denaro,nè all’amore nè al cielo” e che scegliere di essere “cane randagio” può risultare una decorosa via di fuga , uno stile di vita più umana purchè non diventi prescittivo ed assoluto meno che meno un vezzo poetico o una moda passeggera.
mauro orlando

È l’attesa di quel vento che ci fa cani al guinzaglio ingoiati dalla nebbia….. caro arm…. l’incanto….. l’incanto….. è l’unica cosa che può avere la stessa forza del potere….. perché è il potere di cambiare qualcosa….. di essere noi quella cosa e quel potere…. questo andiamo cercando scrivendo… all’incanto bisogna provvedere!!!…. avere un’arma….. questo tuo esperimento invece cos’è? Quante silvie vuoi che ti scrivano?…. quanti stupori vuoi raccogliere? per quanto ti conosco niente potrà mai riempirti… sfamarti…. convincerti del bene…
Questo che si scrive
è meglio dirlo
è limitato
è solo coincidenza
è tramandato dal sangue
è per necessità
è per fare del Limite
libertà di coscienza.
antonella bukowaz

domenica 11 gennaio 2009

Elisir d'amore per ......"un felicità se pur precaria".

I sacchetti di sabbia non fermano l'oceano.

di EUGENIO SCALFARI

UN ANNO fa definimmo la società italiana come uno specchio rotto nel quale era diventato impossibile specchiare un'identità collettiva, una visione unitaria del bene comune e l'esistenza operante d'una classe dirigente degna del nome. Ma da allora, quell'immagine, che ebbe una certa fortuna, non è più appropriata. Lo specchio non è soltanto rotto: è ridotto ad una poltiglia, non riflette nessuna immagine per minuscola che sia. Non riflette neppure i nostri personali egoismi perché sono anch'essi diventati poltiglia. L'egoismo nasce attorno ad un interesse concreto, ad un obiettivo ben determinato da perseguire, da realizzare o da difendere. Ma noi non sappiamo più quale sia quell'interesse che potrebbe darci una felicità sia pure precaria. Oscilliamo come fuscelli al vento, galleggiamo su un terreno di sabbie mobili che ad ogni passo minaccia di inghiottirci. Quel che è peggio, questa poltiglia ha ricoperto l'intera società internazionale, al punto che perfino il mito e le speranze suscitate da Barack Obama si stanno sbriciolando prima ancora che si sia insediato alla Casa Bianca, i suoi piani di contrasto alla crisi economica oscillano tra spese pubbliche e sgravi fiscali, le cifre cambiano ogni giorno mentre la disoccupazione cresce con velocità esponenziale.
(leggi tutto in :è la stampa bellezza!)

sabato 10 gennaio 2009

Elisir d'amore per ......un ricordo di "un amico fragile".



Alla riscoperta di Non al denaro non all’amore né al cielo

Mauro Orlando

Garessio, 30 giugno 2001

Qualcuno ha scritto che De André cantava la vita, il tempo, le storie perse, cantando soprattutto i sogni che non si perdono. Sembrerebbe questa una contraddizione che poi è il tema che io dovrei affrontare. Naturalmente di che rapporto ci può essere tra la storia, quella che è già sui libri di testo
scolastici delle superiori, e invece quella che è la storia interna delle persone e come si combinano, come si sono combinate in questo caso. Calvino scriveva che il lavoro del poeta è quello soprattutto di inseguire il fulmineo percorso dei circuiti mentali che catturano e collegano punti lontani nello spazio e nel tempo. Vedete, i due termini spazio e tempo sono quelli più veramente difficili da mettere in rapporto al tempo e allo spazio della poesia. Ed è questo che mi ha intrigato, in questo volume di Fabrizio De André, un volume difficile per la sua importanza. Esiste uno spazio e un
tempo nel vocabolario del poeta? È questa la domanda che io mi sono posto. Esiste uno spazio e un tempo, la storia insomma nel vocabolario di Fabrizio De André? Se pensiamo alla storia come percezione della realtà e assieme avventura spirituale, allora la risposta potrà essere assolutamente positiva. Sul giornale «La Stampa», oggi c’era un titolo molto importante che diceva così: «De André, il Suonatore Jones del Sessantotto» presentando questa meritevole e importante iniziativa proprio puntando su questi due elementi fondamentali, sulla poesia di De André e sul cantore di un
determinato periodo storico. È giusto questo titolo? È quello che mi son chiesto e a cui cerco di dare una risposta naturalmente in questo mio breve intervento. Certo Non al denaro non all’amore né al cielo viene pubblicato nel 1971 ma il tempo e lo spazio della sua gestazione è il tempo e lo spazio di quel formidabile o sciagurato tempo della storia nazionale e mondiale che si chiama Sessantotto.
A una esplicita domanda nel dialogo che Fabrizio ha avuto con la Pivano sulla necessità e attualità di una rilettura del testo di Spoon River del 1971, De André risponde esplicitamente e testualmente: «... decisamente sì, a questo punto ho pensato che valesse la pena di calarne i temi che si adattassero ai tempi nostri». Questo ci autorizzerebbe oggi a rispondere affermativamente alla domanda, che ci siamo posti, che mi sono posto io, sapendo di fare un lavoro improprio riguardo a un’originale rilettura postuma del poeta De André in questi anni. In De André c’è tanta favola e mito e allora sarebbe opportuno chiedersi in quale spazio della storiografia porre il linguaggio della favola e dei miti. La scrittura poetica uccide, si dice, uccide essenzialmente il tempo, il tempo che vorrebbe annientare e superare. A tale proposito De André scriveva: «Certe cose vengono fuori da
quello che chiamiamo altro, quello che ci suggerisce il subconscio». A me oggi il compito di richiamare alla memoria questo altro; della cronaca e della storia di quel tempo.
Ricorderò quel tempo per titoli giornalistici: 1970, politica interna «Divorzio, Golpe, decretone, un ’70 torbido e incerto». Altro titolo: «La lunga rivolta di Reggio Calabria, dieci mesi di caos»; «Approvata la legge Fortuna, il divorzio divide gli italiani»; «Nessuno riesce a prevedere gli anni di sanguinosa violenza, le Brigate Rosse arrivano in sordina»; «Le prime azioni degli estremisti palestinesi, settembre nero semina terrore»; «Il lungo cammino dell’opposizione operaia in Polonia, la rivolta di Danzica». Come vedete sono tutti titoli emblematici di germi di cambiamento
e di sconvolgimenti, in un anno complicato e difficile. «A Palermo la misteriosa fine di De Mauro, il giornalista scomparso»; «Paolo VI ad Hong-Kong, una sommessa speranza di dialogo!». Economia e lavoro: «Approvato lo statuto dei lavoratori; nuovi diritti, protagonista Luciano
Lama»; Mondiali di calcio in Messico: «Secondi gli azzurri, Gigi Riva il nuovo idolo». Questi alcuni titoli e sono emblematici della pesantezza iniziale di questi anni. Ludovico Garruccio, in una nota intitolata: «Lo spirito di un anno», sintetizza questo anno in questo modo: «... erano gli anni
della contestazione giovanile con la rimessa in questione ininterrotta, come succedeva in Cina con la Rivoluzione Culturale, delle strutture istituzionali e delle élite del potere. Non era un’ipotesi puramente teorica ma doveva generare nella società un cambiamento continuo in modo da
bloccare la formazione di nuove classi, di nuove egemonie, di nuove autorità e di ricacciare indietro i vecchi e i nuovi padroni della politica, dell’economia e della scuola». Questa è l’analisi del ’71.
L’anno ’71, politica interna: «Divisi i partiti sulle elezioni presidenziali, vince Leone»; «Cronaca di un colpo misterioso e ridicolo; la notte di Borghese»; «Gli anni oscuri degli opposti estremisti, la verità impossibile»; «Muore Nikita Chruscëv, fine di un pensionato»; «Pietro Scaglione
assassinato dalla mafia: magistrati nel mirino»; «Orrendo delitto a Genova, il caso di Helena Sutter»; «Un progetto politico quotidiano, l’aggressivo manifesto della nuova sinistra, il primo numero del “Manifesto”»; «Scompare Louis Amstrong: il silenzio della tromba d’oro»; «Sulla
piazza grande della musica Lucio Dalla nasce a Sanremo». È l’anno del riflusso, il ’71. L’inefficacia politica dei grandi movimenti studenteschi e sindacali, del periodo ’68-71, le
frustrazioni che ne derivano ai loro attori, spiegano la permanenza di una carica di risentimenti e di collera. La ricerca di canali di sfogo in una simile atmosfera giustifica una sorta di indignazioni per episodi di trapelanza neofascista e per le ipotesi di trame golpiste. E queste, naturalmente,
sono confermate, effettivamente da oscure manovre eversive. Alimenta questo, nelle generazioni del tempo, una sorta di antifascismo quasi ossessivo, con fantasmi neri dappertutto. Questo è il quadro, la cronaca dei fatti più importanti degli anni che la stampa raccontava. Ma questo che cosa c’entra con i due dischi più belli e più interessanti da questo punto di vista: La buona novella e Non al denaro non all’amore né al cielo? Per me proprio l’esame di questi titoli giornalistici fa ancora rilevare di più la peculiarità e l’importanza della poesia di Fabrizio De André. Ecco allora ancora più limpide culturalmente, interessanti le risposte di De André con l’album: La buona novella, e soprattutto Non al denaro non all’amore né al cielo. Perché il poeta, e Fabrizio De André è un poeta a tutto tondo, non ha bisogno della realtà, è inattuale per definizione, ma ha bisogno dell’attesa e del sogno.
Ho preso in citazione dei versi di Fabrizio, a giustificazione di quello che sto dicendo: «... nella stagione del tuo amore - dice Fabrizio - passa il tempo sopra il tempo ma
non devi aver paura sembra correr come il vento, però il tempo non ha premura». De André recita la vita, attraverso la realtà e i sogni, in una tensione lirica nel ritmo che filtra e raccoglie i segni del tempo e li trascende. Racconta la politica vivendo il tempo delle generazioni, confrontandolo con
il suo tempo interno, evitandone la sua inattualità, il pericolo della metastoria, della separatezza o della metafisica. Cogliendo i fatti nascosti che si sono fatti segreti, misteri carsici, che camminano dentro di noi e che ci affannano e la sua capacità onirica, il compito incompreso del presente, dell’attesa di queste fuoriuscite nel rumoroso e tragico cicalare del tempo della cronaca e della storia di quei tempi, De André ci ha cantato e ci ha lasciato in memoria, il canto della
vita, il tempo senza tempo, le storie perse, i sogni che non si perdono. Nelle figure del giudice, il matto, il blasfemo, il suonatore Jones, in particolare, mentre noi in quei tempi eravamo sordi e frastornati da rumori di fondo e non riuscivamo a distinguere quel che era la musicalità del tempo che Fabrizio coglieva e noi eravamo, così, ottusamente testardi anche nel non voler capire questa sensibilità che emergeva in questo testo. Perché oggi io ne faccio ammenda personale, non avevo capito, non avevo orecchie per intendere questa musica, perché quei titoli di giornale, quegli avvenimenti anche tragicamente pesanti, non mi davano la possibilità di una limpidezza mentale e di cuore di poter capire questa proposta, questi personaggi. Ci ha insegnato a non subire il fascino della tirannia della presente e anche tragicamente, coinvolgente storia, né tantomeno la prigione mentale delle ubriacature ideologiche, della morale, della storia. Ce lo ha insegnato, come diceva lui, con una specie di sorriso, il sorriso del pescatore, che è emblematico e fondamentale per cogliere il suo modo di comunicare. Non ha avuto l’esigenza di rappresentare il vissuto storico delle persone o i fatti pesanti di quel tempo se non nella loro indecifrabile nudità e universalità, evitando la saccenteria di chi propone categorie etiche o storiche, troppo generali ai limiti della metafisica. Evitando anche il pericolo di rifugiarsi in isole di creatività tra i luoghi indecifrabili dell’essere e le voci assordanti e rumorose di un esserci nel tempo, di un tempo esagitato e fuori le righe. Ci ha suggerito l’immagine del poeta combattuto tra la necessità di non smarrirsi nella realtà, di
non farsi prendere, di non farsi ingabbiare il cuore, di non lasciarsi catturare negli archetipi universali che sono oltre la storia. Due versi emblematici, per chiudere: «... che grande questo tempo, che solitudine, che bella compagnia...».

Elisir d'amore per ........... "La piazza degli altri"

Grottaminarda :via minichiello, 1950.
di franco arminio
Guardala, la terra è più tenera del cielo.
Non restare tutta la vita
con le unghie conficcate nella tua anima
o in quella degli altri.
Porta il tuo paese in testa
come si porta l’immagine dell’amata.
Esci, vai nella piazza tua o di un paese vicino,
vai nella piazza degli altri,
mai ti mancherà una bella vista.

La scuola di paesologia è un invito ad andare nei paesi più affranti, più sperduti. Un invito a vagabondare nella vita qualsiasi di un luogo qualsiasi.Entrare in un paese, lasciare che il paese entri dentro di noi: una vecchia che attraversa la strada, una macchina parcheggiata, un tipo solitario su una panchina, insomma la salute e la malattia delle cose che stanno fuori.La scuola di paesologia come referto della salute e della malattia dei paesi, referto della salute e della malattia di quel particolare paese che si chiama mondo.Si comincia così, con poche parole, con pochi concetti. Perché qui più che altro è faccenda di fare compagnia a luoghi che stanno sparendo: non è questione di turismo ma di viaggi della clemenza, misericordia per noi stessi e per le cose che ci circondano.

Elisir d'amore per ..........le anime di tutti i caduti.



Le anime dei caduti

I
Le pesanti palpebre della Notte
si chiusero sopra di me
solitario sul Rostro dell’Isola
al Vortice vicina –
cavernosa, spoglia, grinzosa.
Nel buio e nel silenzio lo spirito su di me
m’esortava al quieto meditare.
II
Non spirava alito di vento
sulla piana superficie del mare,
lungo i fianchi della rupe sporgente,
sul limo della riva sabbiosa,
sul pendio coperto di gramigna.
Alla base del Rostro v’era tregua
nel perenne incrociarsi di correnti.
III
Ed ecco dal lontano Sud mi parve
avvicinarsi un frullo d’ali mosse
da libellule di potenti vanni dotate,
o da smisurate falene:
sommesso, morbido fruscio,
come se fosse d’incorporee cose.
IV
Giunse alla rupe e qui si fermò
schiera di spiriti privi di forma,
appena intravisti nel buio.
Le incorporee anime che nessuno
avrebbe potuto toccare né trattenere,
posarono sul ripiano
accanto a la turrita lanterna
vista da lontano dai naviganti in alto mare.
V
Li udìi dire: – A casa! –
Erano le anime di quelli che a sud,
in una terra sotto il Capricorno,
andarono a combattere.
Preso da sacro timore m’avvicinai,
attento, trattenendo il respiro.
VI
Poi venne da nord
una spiritale fiamma,
eminente a vedersi, d’un tenue colore
simile a quello della schiera.
Accostandosi a questa, disse:
“Siete voi, uomini miei?”
Ed essi risposero: “Sì!
torniamo a casa, al nostro focolare
a festeggiare la nostra fama!”
VII
“Volai a casa – diss’egli – prima di voi.
I famigliari vostri stanno bene,
ma pensano meno alle gesta di guerra e alla gloria
che a cose più care.”
“Cose più care?” gridarono quelli
provenienti dal regno dei morti
“Di che parlano allora?”
VIII
“Alcune madri meditano tristi
e sussurrano vicende di quando eravate ragazzi –
e ricordano episodi curiosi
dell’innocente vostra infanzia.
Altre pregano che, prima di morire,
la vostra fede sia divenuta più ferma
e più intensa la gioia.
IX
Un padre riflette:
– L’avessi avviato ad umile attività
smorzando così il vigoroso suo fuoco
e l’appassionato anelito guerresco!
Oh, non gli avessi raccontato allettanti storie,
stimolo a questa terribile crociata! – ”
X
“Generale, stanno salde le nostre fidanzate
che giurammo fedeli come colombe?”
“Molte piangono; molte pensano
che sia attraente adornarsi
con vesti nere per ricordare eroi.
Alcuni cuori
volubili, leggeri
hanno trovato nuovi amori.”
XI
“E le nostre mogli?” disse un altro rassegnato
“Si soffermano colla mente su quel che noi facemmo?”
“Pensano ai fatti di casa, fatti che vivono ancora
freschi come nuovi –
tenerezze, bisticci –
parole d’un tempo gentili
o sgarbate –
queste, queste attraggono la loro attenzione.”
XII
“Ahimè! Sembra allora che la nostra gloria
pesi meno nella mente loro
di vecchie vicende di casa
e di eventi comuni d’un lontano passato
riguardanti le nostre vite – fatti che noi stimiamo
come insignificante parte della nostra storia
e giudichiamo cose da nulla!”

XIII
Allora alcuni amaramente dissero:
“Fu saggio alzare la pietra tombale
per sapere questo?
Andiamocene!”
Ma replicarono gli altri:
“ Fino ad oggi apprezzammo la fama,
ma ora mille volte di più apprezziamo
che i cuori dei nostri cari
ci mantengano vivi nella memoria
per gli affetti d’un tempo!”
XIV
Così parlando la schiera apparsa
cominciò a scomporsi
dando origine a due stuoli:
quelli la cui vita era testimonianza
d’amorevolezza e sincerità,
andarono verso nord, a casa;
quelli che avevano solo memorie amare
lasciarono di nuovo la terra
XV
e, volgendosi al mare,
si alzarono in schiere sovrastanti il Vortice –
sinistro luogo spettrale che inghiotte –
indugiarono
e poi s’immersero a capofitto
nelle insondabili regioni
delle miriadi di dimenticati.
XVI
E gli spiriti di quelli che decisero di tornare a casa
passarono oltre, impetuosi
come Vento Pentecostale,
e il fruscìo del loro viaggio
assottigliandosi
alla fine cessò in alto, nel cielo,
lasciando nel buio solo me
col borbottio del mare.

Dicembre 1899

Thomas Hardy, da War Poems

(Traduzione di Simone Saglia)


Nota di Simone Saglia
Fa parte di un gruppo di poesie scritte da Hardy in occasione del lungo conflitto anglo-boero in Sudafrica (1881-1902).
Le anime dei soldati caduti in Sudafrica ritornano un patria. Dopo aver attraversato la Manica giungono di notte sulla costa dell’Inghilterra e fanno una sosta su un promontorio ove è seduto, in solitudine, il poeta che assiste a questa scena soprannaturale.
Il luogo indicato è il Bill of Portland (il Rostro di Portland).
La penisola di Portland è uno stretto e breve istmo terminante con un promontorio roccioso che ha la forma del collo e della testa di un uccello e si protende per circa cinque miglia nel mare. Il Rostro, come è denominata la parte superiore, incombente sul mare, è costituito da una massa confusa di rocce. Sul promontorio v’è un faro. A tre miglia dalla costa, in un tratto di mare poco profondo, si estende una zona di mare (the Race) in cui correnti provenienti dalla Francia si scontrano con altre che provengono da nord-est.
Le correnti che qui si mescolano causano ebollizione e increspamento delle acque. Se una nave s’avventura in questa zona turbolenta rischia di essere trascinata sulla spiaggia, a ovest del promontorio, chiamata Deadman’s Bay (la Baia del Morto). Quando il mare è in tempesta le onde investono le rocce del Bill con una forza tale da provocare getti altissimi simili a geyser alti 15/20 metri. Nel corso del tempo, lungo le pareti rocciose, le onde hanno scavato caverne.
La descrizione del luogo che ne fa Hardy è accurata, realistica; tuttavia deve essere letta cogliendone i significati simbolici: la notte, la solitudine, le rocce impervie, il vortice marino sono elementi di uno scenario che prefigura un dramma.
Alla base del Rostro ora v’è una tregua momentanea nel perenne incrociarsi di correnti come per l’attesa di un evento prodigioso.
Nel paesaggio si notano elementi antropomorfi: le pesanti palpebre della Notte; il terreno scabro come il volto grinzoso di un uomo vecchio (wrinkled of face) e l’erba lungo il declivio, la gramigna simile a ispida barba (bent-bearded). È una simbologia indicante isolamento e tristezza per una precoce vecchiaia di giovani, la cui vita è stata stroncata anzitempo.
Sul mare e lungo la costa regna la bonaccia. L’arrivo degli spiriti è avvertito dal poeta, assorto e avvolto dalla tenebra notturna, solo per un rumore simile a frullo di ali. Nell’aria si odono suoni sommessi, morbidi come se fossero di esseri incorporei.
Gli spiriti si posano su un ripiano accanto al faro.
Da nord giunge una spiritale fiamma, l’anima di un Generale che chiede alle anime dei caduti se veramente sono i suoi soldati. Essi rispondono affermativamente. Nel testo si usano vocaboli come sprites e souls (“spiriti”, “anime”) ma l’atmosfera è priva di tensione religiosa; tutt’al più, se si pensa al paragone delle anime con insetti volanti dotati di grandi ali, si può pensare all’influsso di racconti desunti dal folclore. I caduti dicono: “A casa, a casa!”. Nulla di più umano e terreno. Ma li tradisce una cultura eroica, indotta dall’educazione scolastica e militare che si sovrappone a idee e ad affetti d’origine ancestrale che si ritrovano in parole come casa (home) e focolare (hearth). Pensano di essere eroi e di ritornare a festeggiare la loro gloria.
La fiamma, in cui è trasformato il Generale, potrebbe far pensare alla lingua di fuoco dello Spirito Santo che apparve a Gerusalemme ai componenti della prima comunità cristiana. Ma è solo l’anima di un generale, un uomo che in vita aveva predicato e praticato una morale ispirata al rude codice militare. In lui tuttavia è avvenuta una mutazione, una cristiana conversione per cui le parole che egli rivolge a quelli ch’erano stati i suoi soldati, mettono in luce non la gloria apparente ottenuta in battaglia, ma le cose più care che possono dare un senso alla vita: piccole vicende della loro infanzia innocente ricordate dalle madri; la fede che può dar gioia anche nel momento della morte; quiete aspirazioni di vita semplice; tenerezze, bisticci, parole gentili, vecchie storie di casa..
Alcuni dei caduti, che avevano dietro di sé solo un’esperienza di vita amara e avevano considerato la vita, vissuta nella normalità, come parte insignificante della loro storia, una cosa da nulla (rated as nought), votati alla ricerca di un fantasma allucinatorio – la gloria militare –, decidono di interrompere il loro viaggio verso casa dove non avrebbero trovato memorie care.
Riemergono nella poesia di Hardy fantasie già destate dalla pietosa musa romantica meditante in rustici cimiteri inglesi. Si pensi all’Elegia scritta in un cimitero di campagna di Thomas Gray oppure al nostro Foscolo che cantava: Sol chi non lascia eredità d’affetti / poca gioia ha dell’urna, Dei Sepolcri, vv. 41- 42).
Le anime, dannate per l’assenza di memorie, si volgono verso il Vortice che qui simboleggia il vuoto abisso ove scompare la storia umana. Si immergono nell’abisso, nella geenna, nell’erebo non solo perché spinti dalla disperazione d’essere dimenticati, ma soprattutto perché essi stessi avevano rifiutato la vita nella sua quotidiana epifania che ora essi ritengono indegna di ricordo, così come prima era inadatta ad assicurare fama (commonplace facts / Of our lives – held by us as scarce part of our story, / And rated as nought! : fatti banali / delle nostre vite – ritenuti da noi parte insufficiente della nostra storia / e considerati cose da nulla). La banalità del bene non li seduce (Fu saggio alzare la pietra tombale / per sapere questo?); quindi, come legione miltoniana di angeli decaduti s’immergono a capofitto nelle insondabili regioni ove scompaiono.
Gli altri, coloro che considerano la vita soprattutto come testimonianza d’amorevolezza e sincerità, vanno verso nord, a casa. Il loro volo, che all’inizio era un fruscio paragonabile a quello di libellule o falene dalle grandi ali, ora, alla fine di questo miracle-play, diventa impetuoso come se vi fosse un Vento Pentecostale (At 2,1).
L’aura religiosa comunque non supera il limite della similitudine poetica.
La religiosità di Hardy rimane entro i confini dell’umano. Al di là del nostro orizzonte terreno – dice il poeta – v’è il buio della notte, e suoni, sensazioni, il borbottio del mare, che, stretti dall’angoscia, ci inducono a meditare.

Elisir d'amore per .......una vita e un amore della natura delle cose

Quel che cerchiamo è il vivere naturale...gli essere umani si dimenticano di essere parte della natura...specialmente gli scenziati che dimenticano ciò che è nel rpofondo della natura.Non occorrono gli scenziati per dire anoi che gli alberi,l'acqua e l'aria sono le cose più necessarie alla nostra vita.......

Sogni - Akira Kurosawa - Il villaggio dei mulini


I sogni di Kurosawa

"Il villaggio dei mulini". Un racconto delicato e tenero, immerso in un mondo orientale che non esiste più (o che difficilmente si ritrova), abitato da un saggio che ci insegnerà ad vivere in sintonia con la terra: felici della vita, della natura e delle persone che ci circondano. Quest'ultimo cortometraggio non può che mettere gioia nello spettatore che viene qui rassicurato: un futuro felice è possibile! Kurosawa è sorprendente nel farci capire come un destino diverso da quello narrato nel sesto e settimo racconto sia auspicabile, solo dopo aver ascoltato l'anziano saggio del "villaggio dei mulini" e aver messo in pratica i suoi insegnamenti però...
Abbiamo detto bambini, uomini e anziano. I sogni di Kurosawa, nella loro totalità, sono anche un excursus sulla vita interiore di ogni uomo. Dall’età felice e colorata della fancillezza , a quella delle scelte, del lavoro, adulta fino all’anzianeità .
“Il cinema è un’arte che non ha nulla a che fare con le altre arti. Ma è imparentato geneticamente con la pittura, perché l’uno e l’altra non possono esistere senza la luce. L’immagine è luce. Il cuore di ogni cosa, sia per il cinema che per la pittura, è la luce. Nel cinema la luce viene prima del soggetto, della storia, dei personaggi, è la luce che esprime quello che un cineasta vuole dire. Nella pittura la luce viene prima del tema, della tavolozza, dei colori, è la luce che esprime quello che un pittore vuole rappresentare. Qualche critico ha detto che io sono un regista “pittorico”, ma non poteva farmi un elogio più grande …”.
FEDERICO FELLINI

venerdì 9 gennaio 2009

Elisir d'amore per ...........fermare la morte.

Pétition au Conseil de sécurité de l’ONU, à l’Union européenne, à la Ligue arabe et aux États-Unis : Nous vous implorons d’agir immédiatement pour faire respecter un cessez-le-feu total dans la bande de Gaza, pour protéger tous les civils et pour freiner la crise humanitaire grandissante. Seules des actions et une surveillance internationales robustes seront en mesure de faire arrêter le massacre, de rouvrir les points de passage vers Gaza et de favoriser un réel progrès vers la paix en 2009

Brecht, Bertolt
Quando i leader parlano di pace, la gente comune sa che la guerra sta per arrivare. Quando i leader maledicono la guerra, l'ordine di mobilitazione è già firmato..



Khorakhanè Fabrizio De André (a forza di essere vento)

Elisir d'amore per ...........Gaza.

Per Gaza
di Pietro Ingrao


Guarda:
vedi come ostinate
tornano dal cielo le bombe fiorenti, e furenti
calano sulle strade,
spezzano corpi,
ardono case, testarde inseguono
gli stupiti fanciulli,
gridano
cantano l’inno ala morte
senza stancarsi mai…
Chi siete,
perché illuminate le notti,
insanguinate le vie:
perché siete in ansia
perché vi serve la strage degli innocenti
e forse disperate sull’esistere
tornate a cantare la gloria
dell’uccidere di massa,
affidate la pace alla morte… Voi
così senza speranza
se soltanto
l’assassinio di massa può assicurarvi la vita
e solo le maledizioni e le lacrime
possono difendervi.
E non vedete, non sperate
altra salvezza
per l’uomo e per il figlio dell’uomo
che la morte corale.
Voi che venite da un cammino di lagrime
e ora senza lume di tregua
seminate nuovo pianto innocente.
Da lontano vi
scrutiamo impotenti:
e null’altro sappiamo
che invocare da voi l’elemosina della pace.
Noi che veniamo da lotte di secoli
condotte per tutte le terre infinite di questo globo rotondo
in cui dato a noi
fu di vivere,
e sembriamo ora
solo capaci
di educarci all’indifferenza.
O scrutare allibiti.



Mozart Requiem

Elisir d'amore per .......un anniversario poetico.

A Vent'anni dal terremoto dell'Irpinia



in piazza zio giovanni stamattina
era solo,
sono entrato all’edicola
e mi è sembrato che non potevo restarci
senza udire qualche zizzania.
sono salito sul comune e mi hanno detto
che domani si farà quella cosa che non si fa
da vent’anni.
all’uscita di scuola le maestre sono tristi.
il terremoto è una cosa che accade ogni tanto,
è una cosa che sapete, come il fatto
che in questi giorni fa buio presto.
zio giovanni a quest’ora sta mangiando
l’edicola è chiusa, mio figlio
si è messo davanti al televisore.
intanto una parlamentare ha orgogliosamente
rettificato il numero dei morti
e un ministro ha annunciato che
i castelli devono diventare alberghi.
questa poesia non può illustrare i vent’anni
che abbiamo passato a parlare di terremoto
ed è come le cose che si scrivono sui giornali
e quelle che si dicono alla televisione
o nelle case. non c’è scampo, e non c’è niente
da celebrare. il fiato è corto.
la vita e la morte si celebrano da sole
ogni giorno
e quasi mai hanno bisogno del nostro apporto.


franco arminio




giovedì 8 gennaio 2009

Elisir d'amore per ........l'america di un visionario.

WIM WENDERS : La terra dell'abbondanza.



Gli USA visti da due prospettive diverse: attraverso gli occhi di un veterano del Vietnam e dal punto di vista di una giovane americana. L'ex marine Paul è ossessionato dall'idea di proteggere la "Terra degli uomini liberi".


Los Angeles, 2003. Paul è un reduce del Vietnam e fa parte di un corpo speciale per la sicurezza e la difesa contro gli attentati; Lana, figlia di un missionario, ha vissuto in Africa e torna dopo lungo tempo nel suo paese, a lavorare per una comunità di senzatetto. Entrambi hanno però qualcosa in comune. Paul è lo zio della ragazza, con la quale ha perso i contatti da molti anni.Incontratisi nuovamente, sono testimoni della morte di un uomo mediorientale, che consentirà loro di avvicinarsi l'un l'altro e di esprimere opposte visioni del mondo......L'utilizzo delle riprese video, il tema dell'occhio che guarda e racconta, il viaggio all'interno della società attuale, hanno subito una lenta involuzione che, in Land of plenty, sfocia irrimediabilmente nella retorica, amplificata dal voler affrontare e dire la propria sui fatti dell 11 settembre. La visionarietà viene dunque meno, e la personificazione degli opposti che finiscono per toccarsi (l'agente di sicurezza rappresenta l'America di Bush; la giovane Lana identifica il mondo sommerso di chi non ha ed è solamente vittima degli eventi), si inseriscono in un tunnel di ovvietà e di manierismi che stridono con le immagini video di una Los Angeles lunare, idea del reale estremo.