mercoledì 12 novembre 2008

NELL'ERA DELLA MORTE di Franco Arminio



Forse la morte non è più evento. Per tanto tempo era qualcosa che veniva nella vita come una faina arrivava nel pollaio. Si puo pensare che questa faina abbia stampato la sua zampa su ogni tipo di religione. Adesso la morte ha cambiato faccia, è diventata l’aria che si respira, la scena madre della vita, il riassunto delle nostre giornate. È sempre bene in vista dentro gli amori, dentro la politica, dentro le cene tra amici. Non deve arrivare da nessun parte, è già qui. Si mette in mezzo tra l’anima e il corpo e ci scinde. Si mette in mezzo tra noi e gli altri e ci divide...Forse la morte non è più evento. Per tanto tempo era qualcosa che veniva nella vita come una faina arrivava nel pollaio. Si puo pensare che questa faina abbia stampato la sua zampa su ogni tipo di religione. Adesso la morte ha cambiato faccia, è diventata l’aria che si respira, la scena madre della vita, il riassunto delle nostre giornate. È sempre bene in vista dentro gli amori, dentro la politica, dentro le cene tra amici. Non deve arrivare da nessun parte, è già qui. Si mette in mezzo tra l’anima e il corpo e ci scinde. Si mette in mezzo tra noi e gli altri e ci divide.
Non è facile dire come e quando sia avvenuta questa mutazione della morte da evento che irrompe a realtà che ristagna. Pensate a una nebbiolina che avvolge la nostra semisfera, pensate a una nebulizzazione dell’evento traumatico e unico della fine in vapore sospeso intorno ad ogni minuto della nostra vita. Vivere pare non altro che un aerosol della vanità di tutte le cose. E tutta la rete di comunicazione di cui siamo poveri tralicci sembra che agisca solo per diffondere il senso della fine. La morte non viene dopo l’ultimo respiro, ma sembra essere il legame tra un respiro e l’altro. Non viene pavesianamente a prendere i nostri occhi, ma già li apre e chiude a suo piacimento ogni giorno. Vediamo dal balcone della morte, vediamo il mondo come se già fossimo fuori di esso. È una situazione profondamente nuova. È una condizione che dovrebbe farci leggere l’esperienza di ognuno e di tutti come un’esperienza straordinaria. E invece ragioniamo come se fossimo sempre nello stesso mondo, nella stessa psiche, nello stesso corpo.
Questo che viviamo forse è il momento più affascinante nella storia dell’uomo. In un certo senso e per la prima volta non siamo nella vita come un’esperienza continua interrotta dalla morte, ma siamo nella morte come un’esperienza continua interrotta dalla vita. Forse non sarà divertente, ma è una situazione clamorosamente interessante..

"Niente mi sfugge" da "Il settimo sigillo" di I. Bergman

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